L’avvento degli strumenti di intelligenza artificiale nei contesti aziendali e negli studi professionali ha portato con sé una lezione sorprendente: per ottenere risposte corrette e utili da un sistema intelligente, naturale o artificiale che sia, bisogna saper chiedere bene. E questo non è affatto banale.
Oggi ci siamo abituati a dialogare con assistenti virtuali, chatbot, sistemi di generazione automatica di testi e analisi dati: strumenti sofisticati, potenti, ma anche incredibilmente sensibili alla formulazione delle richieste. Il cosiddetto prompting, ovvero l’arte di formulare input precisi, sintetici ma completi, è ormai una competenza cruciale per chiunque desideri ottenere risposte affidabili da queste "moderne lampade di Aladino".
Il rischio di ricevere risposte fuori bersaglio, se si pongono domande vaghe o mal strutturate, è concreto. Certo, è possibile riformulare e correggere, ma ogni rilancio richiede tempo, energia e, spesso, genera frustrazione. Come ci si muove allora per evitare errori e ottenere risultati al primo colpo?
Quello che può sorprendere è che questa dinamica non è affatto nuova. Il prompting, inteso come capacità di formulare bene un obiettivo o una richiesta, è alla base anche della comunicazione con le intelligenze naturali, ovvero le persone. Ogni titolare di studio, ogni manager, ogni professionista o dipendente che coordina un team dovrebbe padroneggiare questa capacità.
Nel gergo del management si parla di obiettivi SMART (Specifici, Misurabili, Attuabili, Rilevanti, Temporizzati). In Programmazione Neuro Linguistica si definiscono obiettivi ben formati. In entrambi i casi, si tratta di tecniche per fare in modo che il destinatario della richiesta – umano o artificiale – possa capire esattamente cosa si vuole ottenere, entro quando e con quali criteri di successo.
Il paradosso dei nostri tempi è che molti professionisti stanno imparando a dare input perfetti ai sistemi AI, con una precisione quasi maniacale, ma dedicano molta meno attenzione alla comunicazione degli obiettivi con il proprio personale. È come se fosse nata una nuova disciplina: lo human prompting.
La capacità di formulare richieste chiare e obiettivi ben strutturati non deve essere appannaggio esclusivo dei titolari o dei soci. Nello studio professionale moderno, lo human prompting diventa una competenza trasversale, fondamentale anche per collaboratori, dipendenti senior o figure intermedie che si trovano a gestire un piccolo team, affiancare un nuovo collega o assumere il ruolo di “tutor” informale.
Chi ha la responsabilità, diretta o indiretta, di far crescere altri o coordinare attività all’interno dello studio, può trarre grande vantaggio dall’imparare a comunicare in modo chiaro e finalizzato. Dare indicazioni precise, sapere quando e come definire una priorità, aiutare un collega a inquadrare un compito nel contesto più ampio: sono tutti atti di micro-leadership che incidono concretamente sulla qualità del lavoro e sul clima dello studio.
Troppo spesso, però, manager e professionisti sono frettolosamente criptici, danno per scontati i requisiti delle loro richieste. Talvolta sembrano convinti che i loro collaboratori siano collegati ai loro neuroni via Wi-Fi. Invece di esplicitare obiettivi, contesto e criteri di successo, si limitano ad appunti incompleti, frasi laconiche come “fallo bene” o “ci penso io dopo”, lasciando l’altro a navigare nell’incertezza. Questo atteggiamento, che può sembrare efficienza o autorevolezza, si traduce spesso in realtà un boomerang organizzativo.
In un’organizzazione professionale che vuole evolvere, non basta più che le competenze relazionali e organizzative siano concentrate “in alto”. Serve diffondere queste abilità lungo tutta la struttura. In questo senso, promuovere lo human prompting è un modo per costruire una cultura del lavoro collaborativa e orientata ai risultati, in cui ogni professionista contribuisce anche alla crescita degli altri.
Oggi, insegnare ai titolari di studio a comunicare bene con i loro collaboratori – proprio come imparano a interagire con l’AI – è un’opportunità di crescita manageriale. Un passaggio necessario per trasformare lo studio in una vera organizzazione professionale capace di evolvere, innovare e attrarre talenti.
Si ritiene che lo human prompting non si possa imparare leggendo un libro. Nei corsi che organizziamo, ad esempio, smontiamo alla moviola ogni compito che il professionista ha posto ai suoi collaboratori nel periodo precedente, analizzando i casi di successo e le opportunità di miglioramento, fino al raggiungimento di una completa indipendenza.
In conclusione, un buon prompting è la base di una buona delega. E una buona delega è la base della leadership. Formulare obiettivi in modo efficace, sia a una persona che a una macchina, significa esercitare una direzione chiara e rispettosa. Il prompting, quindi, diventa un’abilità-ponte tra il mondo della tecnologia e quello della gestione delle risorse umane.