Il principe saudita congela PWC perché ha reclutato un suo manager
di Pierpaolo Molinengo
Nei rapporti di lavoro è necessario che ci sia sempre la massima trasparenza. Altrimenti si corre il rischio di essere messi in quarantena. È quanto accaduto a PriceWaterhouseCoopers, che è stata messa “in castigo” (almeno) per un anno per avere tentato di portare via agli arabi un importante manager coinvolto nel progetto della città di Neom. Mohammed bin Salman lo ha ritenuto un vero e proprio affronto.
PriceWaterhouseCoopers in castigo per un anno
PriceWaterhouseCoopers è una delle principali società di consulenza a livello globale. Non è la prima volta che finisce nel mirino dei propri clienti: alla fine del 2024 le autorità cinesi le avevano comminato una multa di 441 milioni di yuan - pari a 62,2 milioni di dollari - per il ruolo che ha avuto nella revisione contabile del colosso del real estate cinese Evergrande, che poi è stato posto in liquidazione coatta e successivamente accusato di frode.
Adesso i problemi sorgono in un’altra parte del mondo: ad infliggere la quarantena sono le autorità saudite, che si sono mosse su invito del loro principale braccio finanziario, ossia Public Investment Fund, meglio conosciuto come PIF.
A far scattare i nervi agli arabi è stato un manager d’alto livello, che PriceWaterhouseCoopers avrebbe provato a portare via. I condizionali, per il momento, sono d’obbligo, almeno in questa avventura, dato che la storia è abbastanza nebulosa, ma per la quale non sono arrivate smentite, almeno per il momento.
L’avviso che arriva dalla vicenda, ad ogni modo, è chiaro: i sauditi pagano e anche bene.
Ma in cambio pretendono la fedeltà più assoluta, oltre che richiedere servizi di prim’ordine. Essere ricchi non significa anche essere accondiscendenti.
Cosa ha fatto scattare il nervosismo degli arabi
Il litigio tra PwC e PIF ruota intorno al progetto Neom, uno dei più ambiziosi: stiamo parlando della città avveniristica, che deve essere realizzata nella provincia di Tabuk.
L’obiettivo prevede la realizzazione di vari complessi e progetti immobiliari su un’area di 26.500 chilometri quadrati, che andrà a coprire almeno 170 chilometri lungo la costa. Pensata come una città orizzontale, nella quale dovranno andare a braccetto l'efficienza energetica con i servizi più avanzati in fatto di svago e qualità della vita. Neom, tra l’altro, è anche un vero e proprio esperimento di metaverso trasferito nel mondo reale.
Per realizzare il progetto sono stati messi in campo qualcosa come 500 miliardi di dollari. La città dovrebbe essere inaugurata quest’anno e dovrebbe essere uno dei progetti di punta del programma Vision 2030.
L’incidente diplomatico
In questo contesto un incidente diplomatico è quanto mai sconsigliato. Tuttavia, PriceWaterhouseCoopers sarebbe inciampata sulla classica buccia di banana. La società ha stretto forti legami con gli arabi e, forse, è stato proprio l’eccesso di confidenza a fare scattare l'incidente diplomatico.
PriceWaterhouseCoopers ha infatti tentato di ingaggiare il chief internal audit officer del progetto Neom, che risponde al nome di Jason Davies, un ex dirigente di Deloitte, che ha iniziato a lavorare per i sauditi nel 2020.
Stando a quanto riferisce il Financial Times, il manager sarebbe stato corteggiato così tanto da decidere di lasciare il progetto Neom a metà 2024.
Ed è da qui che è scattata la reazione dei sauditi, che non hanno gradito la defezione del manager. Diciamo che l’hanno considerata una mancanza di rispetto. In un momento poi molto delicato: in questa fase storica la costruzione del prestigio conta tanto quanto riuscire a sfoggiare una forte potenza economica e anche culturale.
Adesso la concorrenza è pronta a prendere il posto di PriceWaterhouseCoopers, che, se da una parte si è aggiudicata un manager di prim’ordine, dall’altra ha perso un ottimo cliente.
-
Foto di Raul Cuellar da Pixabay