Il potere della narrazione d'impresa - Raccontare per tramandare
di Alessandro Zaltron
Non sempre un progetto nasce da un piano strategico. A volte comincia da una telefonata, una pacca sulla spalla, un aperitivo che si chiama proprio Aperitivo sul Ponte Vecchio di Bassano del Grappa.
È gennaio, ma c’è un sole che sembra metà aprile. Entro nella antica taverna dall’atmosfera ottocentesca dove Giorgio Venezian mi ha dato appuntamento. Per lui, fondatore del Gruppo Euromeccanica, nel 2001 o 2002 avevo ideato un libro sulle Smalterie Venete, esemplare fabbrica bassanese nata a inizio Novecento, uno dei primi casi mondiali di delocalizzazione. Cappello da alpino in testa e giaccone in tono: eccolo! Non ci vedevamo da un po’, anche se ogni tanto un saluto per telefono ce lo facciamo. Bastano due minuti per ritrovarci. E un minuto solo perché mi dica, con quella sua voce tagliente e allegra insieme, il motivo del nostro incontro.
Il suo cruccio sono i giovani. Dopo averne incontrati tanti nel suo ruolo di imprenditore, adesso nota, e lo fa soffrire, che le nuove generazioni sembrano afflitte, demotivate, indecise o inerti sul lavoro. Vorrebbe fare qualcosa, trasfondergli quell’energia che in lui tracima; vorrebbe che io scrivessi un libro per lui, dedicato alle scuole.
Alcuni dei miei romanzi d’impresa erano già stati utilizzati per costruire percorsi formativi in diversi istituti, altri consigliati tra le letture per le vacanze estive, ma il lavoro era sempre passato sotto il filtro dell’insegnante – come accade in genere per i testi di letteratura. In questo caso volevo fare un’operazione diversa, scrivere un libro appositamente per i ragazzi. Già, facile a dirsi!
Tornando a casa quel giorno inizio a pensare a chi ha fra i 14 e i 18 anni, l’età in cui io, frequentando il liceo, ho iniziato a farmi un’idea del mondo e a maturare scelte per il mio domani. L’età in cui cercavo chi ne sapesse più di me e mi aprisse gli occhi su varie questioni, da come si abborda la persona di cui sei innamorato a quali libri leggere, da che studi fare all’università a come suonare la batteria senza perdere eccessivamente il ritmo. Ma da allora sono passati tanti anni, chissà come vivono e pensano i ragazzi di oggi; cosa desiderano e cosa si aspettano dagli adulti.
Contatto alcuni professori di scuola superiore di cui ho stima, perché mi diano qualche dritta, in base alla loro esperienza. Mi forniscono diverse indicazioni: il libro sia snello, lo stile “scorrevole”, i contenuti concreti. I ragazzi – mi raccontano – sono attratti da storie autentiche, da esempi di vita in cui il lavoro non è solo fatica, ma possibilità. Vogliono sapere se esiste un modo diverso di fare impresa, e se è davvero alla loro portata. Nel confronto capisco ciò che manca alla proposta didattica: serve una porta narrativa, capace di far dialogare scuola e lavoro.
La conoscenza si tramanda da sempre, oralmente e poi con la scrittura. È così che l’umanità avanza. Se ogni generazione dovesse ricominciare da zero, sarebbe sempre l’alba del mondo. Questo meccanismo – il racconto come strumento di trasmissione del sapere – non è mai stato applicato in modo sistematico al mondo delle imprese. Mancano le storie, quelle vere, che rendano giustizia alla complessità delle esperienze vissute.
Credo sia utile studiare gli imprenditori che hanno avuto successo, un termine che secondo me significa “coerenza tra gli obiettivi che ci si è posti e i risultati che si sono ottenuti o a cui si tende”; non mi riferisco solo ai soldi o al potere ma più in genere alla capacità di procurarsi gli strumenti necessari per compiere una certa traiettoria. È per questo che ho inventato i romanzi d’impresa: per fare memoria e creare esempi.
Dopo mesi di lavoro la missione era compiuta. Ho costruito un libro in 30 storie brevi, ispirate alla vita e al lavoro di Giorgio Venezian e corredate da schede di approfondimento. Questo libro ha il piccolo primato di essere il primo vero testo scolastico scritto in forma narrativa.
L’ho intitolato Ogni cosa al suo posto, il motto che troneggiava sui muri delle Smalterie come invito alla precisione e ancor più come legge universale di vita.
Oggi questo volume si trova nelle biblioteche scolastiche, sugli scaffali delle librerie e, fortunatamente, anche negli zaini di molti studenti. Perché in fondo è questo il potere del racconto: mettere in comunicazione mondi che altrimenti, guardandosi con sospetto reciproco, non si parlerebbero mai.
I giovani non hanno bisogno di eroi, ma di esempi. Il romanzo d’impresa può essere questo: un ponte tra generazioni, costruito con le parole. Giorgio, alla fine di quel pomeriggio, sull’uscio della secolare taverna mi ha stretto la mano dicendo: «Io le energie le ho date, a parole e a fatti. Se vogliamo che del miracoloso Nordest resti qualcosa, ora dobbiamo raccontarlo ai ragazzi».
Lo abbiamo fatto. E, a giudicare dagli occhi di certi studenti, è servito davvero.