Il potere della narrazione d’impresa - Passaggio generazionale: comincia con un libro
di Alessandro Zaltron
Sono stato contattato spesso da giovani donne e giovani uomini con la seguente richiesta, formulata più o meno con le stesse parole: «Mio padre ha lavorato tutta la vita, si è sacrificato all’azienda, ha costruito qualcosa di veramente importante, non solo per me ma per molte persone, e io voglio fargli un bel regalo, un romanzo d’impresa».
Il libro che racconta la storia del donatario è un dono veramente bello e prezioso perché, intanto riguarda la cosa fondamentale per ciascuno di noi, la vita, e poi viene costruito sulla esatta personalità di chi quella vita l’ha vissuta e vive, dando perciò “vita” a un’opera unica, preziosa, inconfondibile e inimitabile.
Le reazioni degli imprenditori, quando i figli comunicano loro questo regalo, sono perlopiù gioia incredula per l’originalità dell’idea – non se l’aspettavano proprio! – e una punta di ritrosia – «Ma siete sicuri che la mia vita si merita un libro? A me sembra di non aver fatto niente di speciale».
Quello che ho imparato col tempo, però, è che il regalo più grande lo fanno i padri ai figli accettando di partecipare a un romanzo d’impresa, perché scelgono di mettere nero su bianco la loro esperienza, la loro eredità personale.
Quando si parla di eredità, il pensiero va subito a quella classicamente intesa, il trasferimento da una generazione all’altra di beni materiali, i soldi, gli immobili, i gioielli, un’azienda. Ma che fine fanno i beni immateriali, cioè quelli che, pur essendo incorporei, sono una ricchezza altrettanto cospicua, se non di più?
Mi riferisco, per le imprese, ai valori che le caratterizzano e che sono una parte non marginale tra le ragioni del loro successo; ma anche allo stile in uso tra chi lavora con e quella specifica impresa; alle buone pratiche che, se non scritte, rischiano di scomparire; al “saper fare” che nelle università dichiarano non possa essere insegnato se non per esperienza diretta – dimenticando forse che la trasmissione del sapere, che attiene alla cultura d’impresa, può avere forme più creative della mera trattazione economica.
Gli aneddoti della vita di un imprenditore, una volta raccolti con cura, vagliati da uno scrittore e trasformati in materia letteraria, dicono molto di più di tanti discorsi astratti e dichiarazioni di vision, mission e valori. Il romanzo d’impresa, inteso in questo senso, diventa lo strumento migliore per un passaggio generazionale di consegne davvero consapevole.
Mi è capitato di frequente che i figli, leggendo il romanzo d’impresa del loro padre, riconoscendone i tratti distintivi, apprendessero anche molte cose di cui erano all’oscuro. È normale: l’imprenditore difficilmente si ferma a raccontare e condividere a fondo la propria vita, anche con i famigliari, perché non trova il tempo nella sua quotidianità oppure semplicemente non ci pensa o non pensa siano informazioni utili.
Lo stesso imprenditore impara qualcosa leggendo la sua vita trasformata in parole. Uno di loro mi ha confessato che, grazie al romanzo d’impresa, gli sono state chiare alcune decisioni che ha preso senza ben sapere spinto da cosa, perché l’intero svolgimento del libro gli ha dato la visione d’insieme della sua vita professionale facendogli cogliere a posteriori il filo rosso che tutte le sue scelte unisce.
E i figli? Oltre a ritrovarsi un tesoretto stringendo in mano, in un pugno di pagine, l’essenza e la bellezza della loro azienda, come un concentrato vitaminico di sapere, possono dire la loro.
Nel Quaderno dei ricordi – uno degli strumenti operativi che ho sviluppato per facilitare la raccolta delle informazioni utili alla stesura del romanzo – c’è infatti la sezione “Uno sguardo al futuro” che invita a riflettere sulle strategie di sviluppo dell’azienda negli anni a venire. Sprono sempre gli imprenditori, arrivati a questo punto, a coinvolgere le figure aziendali che sono chiamate a succedere loro nel ruolo di guida dell’azienda e spesso, queste figure, sono proprio i figli.
Seduti attorno a un tavolo, padre e figli discutono, talora per la prima volta, di come immaginano la loro impresa da qui a dieci anni. Sono momenti preziosi, di confronto, di analisi, di scambio di idee, sogni, sensazioni che alla fine diventano obiettivi: una dichiarazione d’intenti messa nero su bianco nelle pagine di un libro.
Per questo, ogni romanzo d’impresa non è solo un dono per chi l’ha vissuta, l’impresa, ma una presa di coscienza per chi la vivrà. È un ponte tra chi ha costruito e chi costruirà, tra chi ha agito e chi è chiamato ad agire nel futuro. E in un’epoca che tende a semplificare tutto in una slide o in uno slogan, scegliere di donare la propria esperienza significa anche dare un senso a una vita spesa nel dare forma a un’opera viva, fatta di idee, persone, visioni e giorni che si sono incontrati per diventare “impresa”.