Il nuovo rinascimento aziendale: lavorare insieme per il benessere comune
di Mario Alberto Catarozzo
Perché le aziende oggi hanno bisogno di riscoprire il concetto di umanesimo? Perché si parla insistentemente di centralità della persona nelle organizzazioni? Non dovrebbe forse essere scontato mettere l'essere umano al centro dei processi aziendali? Eppure, dopo decenni di focus quasi esclusivo su produttività, profitto e ottimizzazione, assistiamo a un cambiamento di paradigma, che alcuni definiscono "rinascimento aziendale". Come nel Rinascimento storico, che pose nuovamente l'uomo al centro dell'universo dopo secoli di teocentrismo medievale, oggi le aziende stanno riscoprendo che la vera ricchezza non risiede soltanto nei numeri di bilancio, ma nel capitale umano e relazionale. E paradossalmente, questo sta avvenendo proprio nell’epoca in cui l’intelligenza artificiale fa il suo ingresso prepotente nel mondo del lavoro.
Dalla performance alla persona: un cambio di rotta necessario
Il modello aziendale dominante fino a poco tempo fa poneva la performance al vertice di ogni priorità. Il mantra era semplice: massimizzare la produttività, ridurre i costi, aumentare i margini. Ma cosa accade quando questo paradigma viene spinto all'estremo? L'evidenza è sotto gli occhi di tutti: burnout diffuso, disengagement, grandi dimissione (c.d. Great Resignation). Fenomeni che raccontano di un malessere profondo che attraversa il mondo del lavoro contemporaneo.
I numeri parlano chiaro: secondo recenti studi di Gallup, solo il 20 per cento dei lavoratori si sente pienamente coinvolto nel proprio lavoro a livello globale, con costi stimati in termini di produttività persa che superano i 7 trilioni di dollari all'anno. In Italia, la situazione non è migliore, con tassi di engagement che faticano a superare il 14 per cento secondo l'Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano.
Ci troviamo dunque di fronte a un paradosso: l'ossessione per la performance sta producendo esattamente l'effetto opposto a quello desiderato. È in questo contesto che diventa essenziale un cambio di paradigma, un vero e proprio rinascimento del modo di concepire l'organizzazione aziendale.
Le fondamenta del nuovo umanesimo aziendale
Il rinascimento aziendale non è semplicemente l'adozione di nuove tecniche di gestione o l'introduzione di benefit per i dipendenti. Si tratta di un cambiamento culturale profondo che si fonda su alcuni pilastri essenziali.
In primo luogo, la riscoperta dell'empatia come competenza manageriale fondamentale. Non si tratta di buonismo, ma di un approccio strategico: comprendere le persone, le loro motivazioni e i loro bisogni diventa il presupposto per creare contesti lavorativi dove ognuno può esprimere il proprio potenziale. La leadership gentile, come la definiscono gli esperti di management, mette al centro l'ascolto attivo, la comprensione empatica e la condivisione dei progetti.
La capacità di mettersi nei panni dell'altro, di riconoscerne non solo le competenze tecniche ma anche la dimensione umana e personale, rappresenta un elemento distintivo della nuova cultura aziendale. Le ricerche condotte da Google nel progetto Aristotele hanno dimostrato che la sicurezza psicologica – ossia la percezione di potersi esprimere liberamente senza timore di giudizio – è il fattore principale che distingue i team ad alte prestazioni da quelli mediocri.
Il secondo fondamento è la collaborazione autentica. Se nel paradigma tradizionale prevaleva una visione individualistica e competitiva, oggi si riscopre il valore della cooperazione e della costruzione di relazioni di fiducia. Non si tratta solo di lavorare insieme, ma di creare sistemi dove il successo personale è strettamente interconnesso con quello collettivo.
Dall'io al noi: costruire organizzazioni basate sulla fiducia
Costruire un'azienda orientata al benessere comune richiede un cambiamento radicale nella concezione delle relazioni organizzative. La fiducia diventa la valuta fondamentale che permette di passare da una logica transazionale ("io faccio questo per avere quello", c.d. “do ut des”) a una relazionale ("io contribuisco al benessere dell'organizzazione che a sua volta contribuisce al mio").
Il professor Francesco Varanini, esperto di relazioni organizzative, sottolinea come "la fiducia non sia un optional, ma l'infrastruttura invisibile che rende possibile qualsiasi progetto collettivo significativo". Quando la fiducia è presente, si riducono drasticamente i costi di controllo, si velocizzano i processi decisionali e aumenta la propensione all'innovazione.
Alcune aziende pioniere stanno già sperimentando con successo questo approccio. Prendiamo il caso di Buurtzorg, azienda olandese di assistenza domiciliare che ha rivoluzionato il proprio settore organizzandosi in team autogestiti senza manager tradizionali. I risultati sono impressionanti: maggiore soddisfazione dei pazienti, costi inferiori e lavoratori più felici. L'esempio dimostra che un'organizzazione basata sulla fiducia non solo è più umana, ma anche più efficiente.
La sostenibilità relazionale: un nuovo indicatore di successo
Nel rinascimento aziendale, accanto ai tradizionali indicatori economico-finanziari, emergono nuovi parametri per misurare il successo. Tra questi, la sostenibilità relazionale assume un ruolo centrale. Si tratta della capacità dell'organizzazione di mantenere nel tempo relazioni positive sia al proprio interno che con l'ecosistema esterno.
Come si vede dalla tabella, non si tratta di abbandonare le misure tradizionali, ma di integrarle con parametri che considerino la qualità delle relazioni e il benessere delle persone come fattori determinanti per la sostenibilità del business nel lungo periodo.
Le pratiche del benessere comune
Tradurre in pratica il nuovo paradigma richiede strumenti e metodologie specifiche. Tra le pratiche più efficaci possiamo citare:
La co-progettazione degli spazi di lavoro. L'ambiente fisico influenza profondamente le dinamiche relazionali. Coinvolgere le persone nella progettazione degli spazi permette di creare contesti che favoriscano la collaborazione spontanea, il benessere e la creatività. Si pensi all'esempio di Adriano Olivetti, che già negli anni '50 aveva intuito quanto fosse importante creare luoghi di lavoro a misura d'uomo.
L'adozione di pratiche decisionali inclusive. Il modello gerarchico tradizionale, con decisioni che fluiscono dall'alto verso il basso, viene gradualmente sostituito da approcci che valorizzano l'intelligenza collettiva. Metodologie come la sociocrazia o il consent decision making permettono di prendere decisioni che tengano conto di tutte le prospettive rilevanti.
Lo sviluppo di sistemi di rewarding olistici. La retribuzione economica resta importante, ma non è più l'unico fattore motivazionale. Programmi che valorizzino anche la crescita personale, l'autonomia, la possibilità di contribuire a progetti significativi rispondono a bisogni più profondi delle persone e creano un allineamento tra obiettivi individuali e organizzativi.
Le sfide del cambiamento
Il percorso verso questo nuovo modello organizzativo non è privo di ostacoli. La resistenza al cambiamento, il timore di perdere controllo, la difficoltà di misurare nel breve periodo i benefici del nuovo approccio rappresentano sfide concrete per i leader che intendono intraprendere questa trasformazione.
Come evidenziato da numerosi studi sulla change management, circa il 70 per cento dei progetti di cambiamento organizzativo fallisce. Ciò accade principalmente perché si sottovaluta la dimensione culturale e relazionale della trasformazione, concentrandosi esclusivamente sugli aspetti strutturali e procedurali.
Il rinascimento aziendale richiede tempo, pazienza e la capacità di tollerare l'incertezza propria di ogni processo evolutivo. Non esiste una ricetta universale, ma piuttosto un percorso di apprendimento continuo che ogni organizzazione deve intraprendere trovando il proprio equilibrio.
Un nuovo patto sociale nell'era digitale
La trasformazione digitale, con l'automazione e l'intelligenza artificiale che ridefiniscono radicalmente il concetto stesso di lavoro, rende ancora più urgente questo cambio di paradigma. Se le macchine si occuperanno sempre più degli aspetti ripetitivi e standardizzabili, l'elemento distintivo dell'apporto umano risiederà proprio nelle capacità relazionali, creative ed empatiche – proprio quelle che il rinascimento aziendale mette al centro.
Anziché temere la tecnologia come minaccia all'occupazione, possiamo vederla come un'opportunità per liberare il potenziale umano dalle attività alienanti, consentendo alle persone di concentrarsi su ciò che davvero aggiunge valore: la relazione, la creatività, l'innovazione.
Si profila così un nuovo patto sociale in cui l'azienda non è più solo un luogo dove si scambia tempo per denaro, ma uno spazio di crescita personale e professionale, un laboratorio dove si sperimenta un modello di convivenza basato sulla cooperazione e sul riconoscimento reciproco.
Verso un'economia della cura
Il rinascimento aziendale ci invita a immaginare un'economia che integri la dimensione della cura – di sé, degli altri, dell'ambiente – come elemento costitutivo e non accessorio. Non si tratta di un'utopia idealistica, ma di una trasformazione necessaria per affrontare le sfide complesse del nostro tempo. Le aziende che adotteranno questo nuovo paradigma miglioreranno il benessere interno e si avvantaggeranno di un vantaggio competitivo nel tempo. Come afferma Luigino Bruni, "le organizzazioni più prospere non massimizzano il profitto a tutti i costi, ma creano condizioni per la fioritura umana". Il vero rinascimento aziendale sarà compiuto quando il successo economico e il benessere delle persone non saranno più visti come obiettivi contrapposti, ma come dimensioni inscindibili della stessa visione. Una visione in cui lavorare insieme per il benessere comune non è solo un ideale etico, ma la strategia più intelligente per prosperare nel mondo complesso che ci attende.