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Il mito del vincente: perché chi impone perde
Economia

Il mito del vincente: perché chi impone perde

di Chiara Forino

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Blast
ago 04, 2025
∙ A pagamento
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Il mito del vincente: perché chi impone perde
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Quando si parla di negoziazione, l’immaginazione corre al rilascio di ostaggi o alle grandi trattative internazionali. Eppure, al lavoro come nella vita privata, ognuno di noi sperimenta quotidianamente la necessità di negoziare e la difficoltà di raggiungere un accordo soddisfacente, inquadrando il risultato come vittoria o sconfitta personale.

Se guardiamo all’accordo siglato in questi giorni tra Europa e Stati Uniti in merito ai dazi, ad esempio, il 15 per cento che campeggia nei titoli è ritenuto una schiacciante vittoria americana e una resa (quasi) incondizionata del Vecchio Continente. Ancora una volta, la narrazione premia uno stile negoziale “concorrenziale”, in cui c’è un vinto e un vincitore, ignorando quanto una negoziazione “collaborativa”, che considera il beneficio per il sistema nel suo complesso, possa creare valore per entrambe le parti.

Con il suo stile negoziale, Trump paradossalmente ci offre un’ottima occasione per riflettere su cosa significhi davvero negoziare bene.

Prima di tutto è importante definire cosa si intende per “negoziare”. Sebbene il termine derivi dal latino negotium, con un chiaro rimando allo scambio e all’attività commerciale, perché vi sia una negoziazione e non una semplice transazione è necessaria un’altra condizione: le parti coinvolte devono trovarsi in una condizione di conflitto, inteso come presenza di posizioni diverse in termini di obiettivi, aspettative e richieste, non necessariamente ostili nel senso comune del termine.

Partendo da questa semplice definizione, è possibile delineare le caratteristiche di un’arte o, se preferite, una tecnica che è da sempre oggetto di studi e pubblicazioni. Le teorie sono diverse: tra le più note, il c.d. Metodo Harvard, nato alla fine degli anni Settanta per individuare gli elementi di successo nelle negoziazioni della presidenza Carter e, più di recente, l’approccio FBI, più incentrato sulle tecniche operative di intelligenza emotiva, ascolto attivo e instaurazione di un rapporto di fiducia anche in situazioni particolarmente critiche, fino al metodo strategico, basato sul dialogo e la persuasione.

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