Il manichino fiscale del dott. Ennio Valcori – Anche oggi niente riforma (mentre ci aspettano le solite “Finanziarie”)
di Nereo Seppia
Lo chiamavano tutti il dottor Ennio Valcori. Lui invece, nel silenzio del suo studio dismesso, preferiva definirsi un ex commercialista a tempo indeterminato. Aveva settantadue anni, un busto leggermente piegato in avanti come chi ha passato quarant’anni sopra successioni fatte male da altri e un archivio mentale sterminato di promesse mancate da tutti i legislatori che erano passati in fila davanti alla sua vita professionale e di cittadino. Aveva venduto lo studio a un giovane entusiasta che parlava di “fiscalità digitale” e di “intelligenza artificiale applicata” con la stessa spensieratezza con cui i ventenni dicono apericena. Ma non aveva venduto la sua malinconica irritazione. Quella nessuno solitamente la compra.
La casa dove viveva era un appartamento anni ‘60 con il balcone su un viale di provincia. In soggiorno c’era la libreria con le principali riviste fiscali rilegate dalla polvere. Nessuno ormai le apriva più. Le apriva solo lui, ogni tanto, giusto per ricordarsi che in questo Paese la parola semplificazione è un genere letterario, non un obiettivo.
Un giorno di pioggia, stanco di borbottare da solo, fece una cosa che perfino lui giudicò davvero sopra le righe. Ai limiti della follia. Andò in cantina, prese un vecchio treppiede di ferro, una giacca di pregiato tweed scozzese che non metteva dal convegno sulla riforma Visco, un paio di pantaloni grigi sformati, un cuscino, qualche foglio di giornale e costruì un manichino. Lo sedette sulla poltrona di fronte alla sua scrivania. Gli infilò sotto il mento una cravatta regimental in lana e gli appiccicò una targhetta fatta al computer.
C’era scritto Rag. Ermenegildo Semplifredi.
Si mise a ridere da solo. Era la risata di chi ha capito che per parlare col fisco italiano bisogna materializzarlo. Altrimenti è solo un ente invisibile che ti dice di fare l’esterometro degli esterometri.
Da quel giorno iniziò il teatro.
«Buongiorno ragioniere Semplifredi» disse la mattina dopo, entrando in soggiorno con la moka in mano.
Il manichino, ovviamente, non rispose. Ma lui, che aveva sempre avuto una buona educazione tributaria, fece finta di aspettare.
«Lo so. Anche oggi niente riforma. Hai ragione. Dicevano superamento della presunzione giurisprudenziale in tema di accertamento delle società a ristretta base partecipativa. Dicevano revisione delle tax expenditures. Dicevano superamento dell’IRAP. Dicevano tante cose. Abbiamo avuto invece la versione fiscale del presepe vivente. Ogni anno una statuina nuova che non serve a niente, se non a popolare gli spazi vuoti. Sempre più norme di estremo dettaglio e sempre meno granitici principi generali».
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