Il grande esodo dalle professioni tradizionali: la Gen Z snobba la carriera negli studi
di Mario Alberto Catarozzo
Trovare giovani collaboratori risulta un'impresa sempre più difficile per gli studi professionali.
Dal nord al sud della Penisola, commercialisti, consulenti del lavoro e avvocati lamentano una crescente difficoltà nel reperire nuove leve disposte a intraprendere il percorso professionale. Non si tratta di una semplice impressione, ma di un fenomeno strutturale, che è destinato a ridisegnare il panorama delle professioni in Italia. E forse qui l’Intelligenza Artificiale, invece di rappresentare un rischio per i posti di lavoro, potrebbe (a maggior ragione) rappresentare un’opportunità. Ma quali sono le ragioni profonde di questa disaffezione? Proviamo ad analizzare questo complesso scenario.
Il paradosso delle professioni
Il mondo professionale vive un paradosso: da un lato, università che continuano a sfornare laureati in discipline giuridiche ed economiche; dall'altro, studi professionali che non riescono a trovare giovani disposti a intraprendere il percorso di carriera. È come se esistesse un cortocircuito nel passaggio dall'università al mondo del lavoro. Secondo le ultime rilevazioni del 2024, gli iscritti a Giurisprudenza, ad esempio, sono diminuiti del 27 per cento negli ultimi dieci anni e l'età media degli iscritti agli Ordini professionali continua a crescere, superando ora i 48 anni. Ma non è solo una questione numerica. Il problema è più profondo e affonda le sue radici in un cambiamento culturale che coinvolge soprattutto la Generazione Z (i nati dopo il 1997), che sta ridefinendo il rapporto con il lavoro e la carriera.
La Generazione Z e il nuovo paradigma lavorativo
I giovani della Generazione Z hanno assistito alla crisi economica del 2008, alla pandemia e ora all'era dell'intelligenza artificiale. Questo ha generato una visione del mondo e del lavoro significativamente diversa rispetto alle generazioni precedenti. Le loro priorità si sono spostate dalla stabilità e dal prestigio professionale verso altri valori: bilanciamento vita-lavoro, flessibilità, sostenibilità e senso di scopo. Una recente indagine condotta dall'Osservatorio delle Professioni ha evidenziato che il 78 per cento dei giovani tra i 22 e i 27 anni considera il work-life balance più importante della retribuzione, e il 65 per cento preferirebbe un lavoro con orari flessibili piuttosto che uno con prospettive di carriera, ma orari rigidi. Questi dati fotografano un cambiamento epocale che sta scuotendo dalle fondamenta il modello tradizionale degli studi professionali.
Gli studi, con la loro impostazione tradizionale fatta di lunghi apprendistati, orari estesi, gerarchia rigida e gratificazioni economiche differite nel tempo, rappresentano l'antitesi di ciò che questa generazione cerca.
L'attrattività delle aziende rispetto agli studi professionali
Le aziende, soprattutto quelle strutturate e multinazionali, hanno compreso rapidamente questo cambiamento e si sono adattate, offrendo:
orari flessibili e possibilità di smart working
percorsi di carriera chiari e trasparenti
retribuzioni iniziali competitive
formazione continua e sviluppo di competenze trasversali
politiche di benessere aziendale e attenzione alla sostenibilità.
Gli studi professionali, al contrario, faticano a rinnovarsi. La struttura tipica di uno studio tradizionale italiano prevede ancora lunghi periodi di praticantato con retribuzioni basse, orari di lavoro poco flessibili, percorsi di crescita incerti e spesso legati a dinamiche personali più che meritocratiche, concentrazione sulle competenze tecniche a discapito di quelle trasversali, scarsa attenzione al benessere organizzativo. Non sorprende quindi che molti giovani laureati preferiscano dirigersi verso le aziende piuttosto che intraprendere la strada della libera professione. Un recente sondaggio mostra che il 72 per cento dei neolaureati in economia e giurisprudenza considera l'ingresso in azienda come prima scelta, mentre solo il 18% valuta prioritariamente la carriera in uno studio professionale.
La rivoluzione digitale ha aggiunto un'ulteriore complessità. La comparsa sulla scena dell'intelligenza artificiale sta trasformando radicalmente anche il mondo delle professioni. I giovani percepiscono che molte attività tradizionalmente svolte negli studi saranno automatizzate nei prossimi anni, rendendo meno attraenti percorsi che richiedono anni di investimento per acquisire competenze che potrebbero diventare presto obsolete. L'Intelligenza Artificiale generativa è una realtà con cui i giovani della Gen Z, nativi digitali, comprendono intuitivamente di doversi già sin d’ora confrontare.
Come attrarre allora i giovani verso la carriera professionale?
Per rispondere a questa sfida, gli studi professionali devono necessariamente reinventarsi. Un approccio promettente è quello della "leadership gentile", un modello sempre più rilevante nel contesto attuale. La leadership gentile si basa sulla condivisione dei progetti, sull'ascolto attivo, sull'empatia e sulla motivazione dei collaboratori. Non si tratta di essere "amiconi" dei propri collaboratori, ma di creare un ambiente di lavoro rispettoso e orientato alla crescita delle persone. Questo approccio risulta particolarmente efficace con la Generazione Z, che valuta molto positivamente ambienti di lavoro inclusivi, trasparenti e attenti al benessere delle persone. La leadership gentile non è solo una questione etica, ma una strategia di business: gli studi che sapranno implementarla avranno un vantaggio competitivo significativo nell'attrarre e trattenere i migliori talenti.
In definitiva, la difficoltà nel trovare collaboratori può essere vista come un'opportunità per ripensare il modello di studio professionale. È necessario un cambiamento culturale profondo, che vada oltre i semplici aggiustamenti organizzativi. Gli studi devono comprendere che le nuove generazioni non cercano solo un lavoro, ma un'esperienza professionale che sia in linea con i loro valori e le loro aspirazioni. In questo contesto, emerge con forza il concetto di "umanesimo aziendale" anche per gli studi professionali, dove al centro di ogni scelta c'è la persona, con le sue competenze, le sue aspirazioni e il suo benessere. Solo così sarà possibile colmare il divario tra le aspettative delle nuove generazioni e l'offerta degli studi professionali.