Il “famoso” articolo 21-bis (Dlgs 74/2000) e il precario equilibrio tra giustizia penale e tributaria
di Lorenzo Romano
Dopo la Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Piemonte (ordinanza del 10 marzo 2025, n. 64), anche la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Roma, Sezione 13, (ordinanza n. 1838/2025) ha rimesso alla Corte Costituzionale la questione di legittimità dell'articolo 21-bis del DLgs 74/2000. Al di là del caso specifico, che vede un avviso di accertamento IVA/IRAP 2013 impugnato da un contribuente ritenuto socio di fatto di un consorzio coinvolto in un complesso meccanismo fraudolento, la pronuncia si erge a baluardo di principi costituzionali che sembrano (a dire del relatore) scossi dalla nuova disciplina.
Il cuore della questione risiede nell'introduzione di quell’"automatismo" relativo agli effetti della sentenza penale irrevocabile di assoluzione nel processo tributario. Se, da un lato, l'intento legislativo poteva essere quello di armonizzare i giudicati e snellire i processi, la Corte di Roma solleva dubbi sulla sua compatibilità con la Costituzione, e in particolare con gli articoli 3 (ragionevolezza ed eguaglianza), 24 (diritto di difesa), 53 (capacità contributiva), 97 (buona amministrazione) e 111 (giusto processo e parità delle armi).
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