Il Ddl sulla democrazia economica è legge: ecco cosa cambia nei rapporti tra azienda e lavoratori
di Claudio Garau
Promossa dalla Cisl che aveva raccolto circa 400mila firme a sostegno, è da poco divenuta legge la proposta di iniziativa popolare avente ad oggetto la partecipazione gestionale, consultiva, organizzativa ed economica dei dipendenti all'attività d'impresa. L'ok definitivo al testo del Ddl n. 1407, emendato non senza polemiche alla Camera, è giunto mercoledì 14 maggio a Palazzo Madama (con 85 sì, 21 no e 28 astenuti).
La proposta mirava a introdurre un pacchetto di norme attuative dell'articolo 46 della Costituzione, il quale - con estrema trasparenza - stabilisce che la Repubblica, ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla proficua gestione delle imprese.
Oggi la partecipazione è un tema chiave per lo sviluppo e il successo delle organizzazioni, considerato che, già prima dell'entrata in vigore della legge, varie società hanno previsto distinte modalità di coinvolgimento nelle decisioni, nella governance e negli utili.
A sostegno del Ddl si era schierato l'Esecutivo, il quale – nell'ultima manovra - ha previsto lo stanziamento di 72 milioni a titolo di copertura degli incentivi fiscali previsti ai lavoratori, per incentivare la loro partecipazione economico-finanziaria all'impresa. Anzi, a ben vedere, l'iniziativa ha registrato una comunione di intenti tra forze di Governo e il secondo sindacato italiano, scontratasi ben presto con il diverso parere di Cgil e Uil. Le altre due maggiori sigle sindacali hanno infatti criticato l'accordo raggiunto, bollandolo come dannoso per il sistema delle relazioni industriali e “sbilanciato” a favore di Confindustria. Ma proprio la Cisl in questi giorni ha esultato, affermando che, con il via libera definitivo al testo della proposta di legge “si scrive una pagina storica per il mondo del lavoro e per l'Italia” e “dopo 77 anni, l'articolo 46 della Costituzione trova finalmente attuazione grazie a una mobilitazione durata due anni”.
Ma, in concreto, cosa cambia per lavoratori e imprese? Come accennato, la legge regolamenta e promuove diverse forme di partecipazione dei dipendenti, nella finalità di armonizzare gli interessi di questi ultimi con quelli delle imprese. Al contempo, si valorizza la contrattazione come strumento per accordi partecipativi in azienda.
Il coinvolgimento dei lavoratori non sarà però automatico, ma dovrà essere contemplato e regolato dai contratti collettivi di riferimento, i quali dovranno stabilire le regole di funzionamento della partecipazione e - soprattutto - dovranno individuare i meccanismi di selezione dei rappresentanti dei lavoratori.
La partecipazione gestionale sarà definita e articolata dagli statuti aziendali sulla scorta delle due distinte opzioni definite dalle nuove norme, a seconda che l'impresa adotti – o meno – il sistema dualistico (introdotto dal Dlgs. 6/2003). La nuova legge ambisce a coinvolgere i dipendenti nelle decisioni che riguardano la gestione, l'organizzazione e le strategie economiche delle imprese, con la partecipazione al consiglio di sorveglianza e al consiglio di amministrazione.
In particolare, nelle imprese che adottano il sistema dualistico - e a condizione che la fattispecie sia stata regolata in sede di contrattazione collettiva - gli statuti societari potranno prevedere la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori al consiglio di sorveglianza, organo che si occupa di vigilare sulle scelte adottate dal consiglio di gestione, assicurando che siano rispettati gli interessi degli azionisti e degli altri stakeholder, compresi quelli dei dipendenti.
Nelle società che, invece, non adottano il modello dualistico, la nuova legge prevede che gli statuti possano comunque consentire la partecipazione dei lavoratori al consiglio di amministrazione e al comitato di controllo sulla gestione (se presente). Nei Cda potranno così trovare spazio uno o più amministratori rappresentanti dei lavoratori, individuati da questi ultimi e con il ruolo di sostenere i loro interessi nelle discussioni decisionali, influenzando le scelte di vertice a favore di un maggiore benessere del personale. Anche in questo caso la partecipazione dei dipendenti dovrà però essere previamente regolata in sede di contrattazione collettiva.
In ogni caso, la partecipazione gestionale prevede un ruolo non secondario dei sindacati e sicuramente ciò è stato accolto con favore dalla Cisl.
Per quanto riguarda invece l'annesso tema della partecipazione organizzativa dei dipendenti, le nuove norme prevedono la possibilità che le aziende istituiscano commissioni paritetiche, formate in identico numero da rappresentanti dell'impresa e dei lavoratori (adeguatamente formati per il miglior contributo alle attività delle stesse commissioni).
In una linea di cogestione e partecipazione alla governance (come avviene in altri paesi UE come la Germania), tali commissioni si adopereranno per la redazione di proposte di piani di miglioramento e di innovazione dei prodotti, dei processi produttivi, dei servizi e dell'organizzazione del lavoro in azienda. L'obiettivo è aumentare la trasparenza dei processi e la forza della voce dei dipendenti nelle decisioni strategiche. Per questa via nelle aziende potrebbero aversi migliori condizioni di lavoro e maggiore motivazione, sicurezza e produttività dei lavoratori. E, parallelamente, al Cnel saranno conferiti compiti di vigilanza sull'applicazione e evoluzione della legge.
Non solo. La proposta di iniziativa popolare divenuta legge include anche interessanti benefici economici e fiscali, per incentivare chi desidera partecipare alla vita d'impresa e giovarsi – al contempo - della distribuzione di utili o azioni. La legge prevede, infatti, che una quota degli utili d'impresa pari almeno al 10 per cento degli utili complessivi, possa essere distribuita ai lavoratori beneficiando di una tassazione agevolata, ossia un'imposta sostitutiva del 5 per cento (che a regime salirà al 10 per cento). Ma ciò sarà possibile a condizione che la distribuzione sia in esecuzione di contratti collettivi (aziendali o territoriali). Inoltre, al fine dell'applicazione dell'imposta sostitutiva dell'Irpef, per l'anno in corso l'ammontare totale non potrà essere maggiore dei 5mila euro lordi di utili, per ciascun lavoratore.
Ma non è finita qui, perché la nuova legge prevede anche piani di partecipazione finanziaria che permetteranno ai dipendenti di ottenere una partecipazione diretta nell'impresa, con l'assegnazione di azioni aziendali anche al posto dei premi di risultato.
A ciò si sommeranno interessanti vantaggi fiscali. In particolare, nell'anno in corso i dividendi versati ai lavoratori e derivanti dalle azioni attribuite in sostituzione dei premi di risultato, fino a 1.500 euro annui saranno esentasse per il 50 per cento del loro ammontare. Novità che, nell'insieme, mirano ad aumentare il reddito netto dei lavoratori e stimolare una cultura di partecipazione ai risultati aziendali.
A una prima lettura, questa legge potrebbe segnare una tappa chiave per l'inquadramento del lavoro subordinato in chiave partecipativa e collaborativa, grazie anche ai benefici fiscali in gioco. È presto per arrivare a conclusioni, ma se ben attuata e accompagnata da buone prassi aziendali, la nuova “democrazia economica” – così l'ha definita Cisl e a cui potranno accedere tutte le aziende senza discriminazioni - potrebbe davvero migliorare qualità del lavoro e rapporto tra imprese e dipendenti.
Ma effettivamente resta da capire come il nuovo impianto normativo sarà accolto nella realtà: serviranno contratti collettivi ben strutturati, disponibilità delle imprese e una regia sindacale equilibrata, evitando conflitti tra governance e rappresentanza. Inoltre, le agevolazioni fiscali, seppur interessanti, potrebbero rivelarsi insufficienti senza un adeguato ampliamento delle coperture. La vera sfida ora è trasformare una cornice giuridica ambiziosa in prassi partecipative efficaci. Le imprese italiane sono pronte a sperimentare una nuova stagione di democrazia economica?