Il controllo di gestione nelle PMI: tra necessità e illusione, un percorso verso la pianificazione strategica
di Giuseppe Mogliani
Il controllo di gestione rappresenta per le imprese non solo uno strumento di efficienza, ma una vera e propria bussola esistenziale. Eppure, il panorama imprenditoriale nazionale sembra spesso rifiutare questa disciplina, preferendo navigare a vista, affidandosi a intuizioni e abitudini consolidate. Perché il controllo di gestione fatica ad affermarsi nelle piccole e medie imprese italiane? È una resistenza culturale, una scelta consapevole o l'inevitabile prodotto di un tessuto imprenditoriale costruito su archetipi ormai obsoleti?
La cultura dell'impresa italiana: il primato dell'istinto sulla razionalità
L'impresa italiana, nella sua espressione più autentica, nasce spesso dal genio individuale, da un'idea che si trasforma in prodotto senza passare per schemi formalizzati. La figura dell'imprenditore è tradizionalmente legata a una dimensione artigianale, dove il sapere si trasmette per esperienza diretta, in un rapporto quasi organico con il mercato. Il controllo di gestione, con la sua logica numerica e strutturata, appare come un elemento estraneo, una forzatura che rischia di imbrigliare la spontaneità creativa e decisionale. Max Weber, nella sua analisi sull'etica protestante e lo spirito del capitalismo, evidenziava come lo sviluppo economico moderno fosse legato a un'organizzazione razionale del lavoro e della gestione aziendale. Ma in Italia, l'economia è stata a lungo dominata da un capitalismo familiare, nel quale il controllo dei numeri era secondario rispetto alla visione e all'intuito dell'imprenditore.
Dalla contingenza alla pianificazione: il paradosso della sostenibilità
L'assenza di controllo di gestione non è solo una scelta culturale, ma il risultato di un paradosso radicato nel sistema economico delle PMI. Da un lato, la loro flessibilità operativa permette di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato, ma dall'altro questa stessa reattività impedisce la costruzione di una strategia a lungo termine.
L'economista Joseph Schumpeter descriveva l'innovazione come "distruzione creatrice", un processo nel quale il vecchio viene costantemente rimpiazzato dal nuovo. Eppure, senza una pianificazione strategica, questa distruzione diventa un'onda caotica piuttosto che un'evoluzione guidata. Le PMI italiane si trovano spesso intrappolate in una gestione contingente, nella quale ogni decisione è una risposta immediata a una crisi o a un'opportunità, piuttosto che un passo calcolato verso uno sviluppo sostenibile.
Il controllo di gestione come strumento di sopravvivenza
Ma è davvero possibile immaginare un futuro in cui le PMI possano prescindere dal controllo di gestione? La storia economica suggerisce il contrario. La rivoluzione industriale ha segnato il passaggio da un'economia basata sull'intuizione individuale a una fondata su metodi scientifici e analisi predittiva. Frederick Taylor, con i suoi studi sulla gestione scientifica del lavoro, dimostrò come la misurazione dei processi fosse il presupposto dell'efficienza. Oggi, il controllo di gestione rappresenta la naturale evoluzione di questo principio: non è solo un sistema di numeri, ma una filosofia aziendale che consente di prevenire rischi, ottimizzare risorse e garantire la sostenibilità dell'impresa nel tempo.
Strumenti e metodologie: dall'analisi dei costi alla pianificazione strategica
Un controllo di gestione efficace si basa su tre pilastri fondamentali:
l'analisi dei costi: comprendere la struttura dei costi permette di identificare inefficienze e migliorare la marginalità. L'Activity-Based Costing, ad esempio, consente di attribuire i costi in base alle attività effettivamente svolte, superando la logica della ripartizione generica;
il budgeting e il forecasting: la previsione finanziaria aiuta a ridurre l'incertezza e a orientare le decisioni strategiche. Keynes sottolineava come le aspettative influiscano sulle scelte economiche: il controllo di gestione permette di tradurre queste aspettative in piani concreti;
il monitoraggio delle performance: l'uso di indicatori chiave di performance (KPI) consente di valutare in modo continuo l'andamento dell'azienda e di apportare correttivi tempestivi.
Resistenze e opportunità: Il ruolo del Dottore Commercialista
Se il controllo di gestione è così essenziale, perché molte PMI continuano a ignorarlo? Le ragioni sono molteplici. Da un lato, vi è una carenza di competenze interne: molte aziende non dispongono di figure specializzate in analisi finanziaria. Dall'altro, vi è una percezione distorta dei costi: l'implementazione di un sistema di controllo viene vista come un onere piuttosto che un investimento strategico.
Una soluzione efficace potrebbe essere l'esternalizzazione del controllo di gestione a figure professionali già presenti nel panorama aziendale: ad esempio, i dottori commercialisti. Troppo spesso relegati al ruolo di meri esecutori di adempimenti contabili e fiscali, i commercialisti possiedono in realtà le competenze necessarie per affiancare le PMI in un percorso di crescita e razionalizzazione. Attraverso la loro esperienza nella gestione finanziaria e nell'analisi dei dati economici, possono trasformarsi in veri e propri consulenti strategici, aiutando le imprese a strutturare un sistema di controllo efficace e sostenibile.
Quale futuro per le PMI senza controllo?
La questione centrale non è se il controllo di gestione sia utile, ma se le imprese possano permettersi di farne a meno. Il rischio è che, in un mondo sempre più competitivo e regolamentato, le PMI che continueranno a basare la loro gestione sull'istinto piuttosto che sull'analisi si trovino escluse dal mercato. La razionalizzazione dei processi decisionali non è un'opzione, ma una necessità.
Eppure, rimane una domanda aperta: il controllo di gestione deve adattarsi alla cultura imprenditoriale italiana, o è quest'ultima che deve compiere un salto evolutivo? In questo dilemma si gioca il futuro del nostro sistema produttivo. Se le PMI sapranno integrare la disciplina del controllo senza perdere la loro capacità di innovare e reinventarsi, allora il loro destino sarà ancora quello di essere il motore dell'economia italiana. Altrimenti, saranno solo testimoni di un'epoca che, incapace di cambiare, ha finito per dissolversi.
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Immagine creata con l’intelligenza artificiale