Il conferimento a realizzo controllato ex articolo 177 comma 2 bis della holding: certezze e incertezze
di Ennio Vial
Si sa che il conferimento della holding a realizzo controllato è sempre risultato molto problematico se non si soddisfano i requisiti per poter beneficiare del comma 2 dell’articolo 177 del Tuir e ci si trova a dover applicare il comma 2 bis.
Consapevoli di essere trattati come figli di un Dio minore, anche se riconoscenti di essere ammessi al realizzo controllato dal 2019 e di poter, quindi, evitare il conferimento realizzativo al valore normale dell’articolo 9 (sempre del Tuir), si devono soddisfare regole particolarmente restrittive.
Prima dell’entrata in vigore del decreto 192/2024, qualora il conferimento avesse avuto ad oggetto una holding (non entriamo in questa sede nel dibattito di cosa si intenda per holding), la percentuale di qualificazione doveva essere soddisfatta per tutte le società partecipate direttamente o indirettamente dalla holding conferita.
Era quindi quasi inevitabile incappare in qualche partecipazione “marginale” che, per effetto della demoltiplicazione, portava a non rispettare il requisito della qualificazione con conseguente preclusione del realizzo controllato. La via che il contribuente poteva seguire era quella della “pulizia” ossia della dismissione delle quote di disturbo, ovviamente con alcune cautele che non ci interessa approfondire in questa sede.
La riforma migliora senza dubbio la vita agli operatori ampliando sensibilmente le casistiche che consentono il realizzo controllato senza l’esigenza di operare delle preventive dismissioni.
La norma è stata scorporata dal comma 2 bis ed opportunamente accomodata in un nuovo comma 2 ter. Alcuni profili di semplificazione emergono da subito. Diversamente, alcuni passaggi risultano ancora ostici.
Gli operatori si trovano peraltro in presenza di alcune “asimmetrie” derivanti dalla relazione illustrativa rispetto al dettato normativo.
Proviamo ad analizzarlo parola per parola.
Il comma 2 ter stabilisce che, in caso di conferimento di quote di holding, «ai fini dell'applicazione della disposizione di cui al comma 2-bis, le percentuali ivi indicate devono sussistere per le partecipazioni da essa detenute direttamente, o indirettamente tramite società controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile anch'esse rientranti tra i soggetti indicati all'articolo 162-bis, comma 1, lettere b) o c), numero 1)».
La norma prosegue, ma soffermiamoci un attimo a commentare questo primo passaggio. Emerge in modo inequivocabile che:
la soglia di qualificazione deve essere verificata per tutte le partecipazioni detenute direttamente dalla holding le cui quote sono oggetto di conferimento;
la soglia deve sussistere anche per quelle partecipazioni detenute indirettamente ma solo se detenute dalla holding conferita attraverso una sub-holding da questa controllata ex articolo 2359 cc.
Segnaliamo come la norma faccia riferimento a tutto l’articolo 2359 c.c., e non solo al numero 1) del comma 1, ossia al controllo di diritto. Emerge quindi il problema di capire se, pur in assenza di controllo di diritto, sussista per caso il controllo di fatto: una complicazione di cui avremmo fatto a meno, ma questa è la norma.
Ad ogni buon conto le novità si annunciano tutto sommato interessanti perché perdono di rilevanza le partecipazioni detenute dalla “conferenda” attraverso società non holding. Vengono quindi sfoltite delle quote che in passato potevano risultare di ostacolo per il realizzo controllato.
Rimane da capire come calcolare la quota in caso di detenzione indiretta: si deve operare la demoltiplicazione. Lo dice la norma più avanti nell’ultimo periodo.
La norma, ad ogni buon conto, non finisce qui e prevede un’ulteriore via di uscita nel caso in cui le maglie di applicazione delle nuove previsioni, seppur più larghe rispetto a un tempo, risultino comunque eccessivamente strette.
È, infatti, previsto che la soglia di qualificazione deve sussistere per le partecipazioni detenute direttamente o indirettamente «il cui valore contabile complessivo è superiore alla metà del valore contabile totale delle partecipazioni da essa detenute direttamente o indirettamente tramite le suddette società controllate».
In sostanza, si devono calcolare i “buoni” e vedere se prevalgono sui “cattivi”.
Il primo punto oscuro è se “il cui valore contabile” previsto dalla norma faccia riferimento alle partecipazioni detenute indirettamente o se debba intendersi riferito anche a quelle detenute direttamente. Chi scrive ritiene che l’italiano ammetta entrambe le soluzioni.
La relazione governativa sceglie la seconda interpretazione. Si tratta di un approccio legittimo e, tutto sommato, razionale.
La norma prosegue prevedendo che «ai fini della determinazione delle percentuali rappresentate dalle partecipazioni e della quantificazione del loro valore contabile si tiene conto della eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena partecipativa».
La demoltiplicazione delle quote è chiara.
Più incerta, invece, è la demoltiplicazione dei valori contabili. Ipotizziamo la seguente situazione: la conferenda è la holding Alfa che controlla al 60 per cento la holding Beta che controlla al 70 per cento la operativa Gamma.
Dove recupero il valore contabile di Gamma? Verrebbe da ipotizzare che il suddetto valore sia rinvenibile nel bilancio di Beta: ma allora perché demoltiplicarlo? Il valore in Beta rappresenta già un valore “ragguagliato” alla quota detenuta in Gamma!
Dall’esempio della relazione pare di intuire che il valore contabile di Gamma sia preso dal bilancio di Beta ma la questione rimane dubbia perché l’esempio è oltremodo scarno.
Potremmo accettare che il valore da considerare sia effettivamente quello di iscrizione nel bilancio della società che detiene le quote, valore che, tuttavia, dovrà essere demoltiplicato. Si tratta di una soluzione problematica, ma anche ulteriori soluzioni alternative ci portano in un ginepraio.
Invece, non trova alcun riscontro nel dato normativo e non può essere accettato il principio look through emergente dalla relazione illustrativa secondo cui dai conteggi andrebbe sempre escluso il valore contabile delle sub-holding controllate.