Il commercialista pensa alle procedure solo quando è in emergenza
di Michele D’Agnolo
Nel cuore delle scadenze fiscali – la chiusura dei bilanci, l'invio delle dichiarazioni – il commercialista vive un momento di pressione estrema. Ogni telefonata è urgente, ogni email è prioritaria, ogni documento è una potenziale mina vagante. In questi momenti concitati, molti professionisti si rendono conto di quanto sarebbe utile poter disporre di procedure chiare, documentate, condivise: un sistema organizzativo che permetta di gestire in modo fluido il lavoro, riducendo il rischio di errori, ritardi, incomprensioni.
È proprio nell’emergenza che il valore delle procedure si manifesta con forza. Il professionista comprende che se ogni attività – dalla verifica dei dati contabili, alla predisposizione dei documenti, al controllo finale prima dell’invio – fosse codificata in passaggi chiari, con responsabilità definite e strumenti di supporto, il carico emotivo e operativo sarebbe enormemente ridotto. Nessuno sarebbe costretto a correre da una pratica all’altra rincorrendo le urgenze, ma potrebbe contare su un’organizzazione capace di lavorare molto più autonomamente.
Eppure, proprio mentre cresce la consapevolezza di quanto le procedure sarebbero vitali, il commercialista si trova nel paradosso: non ha il tempo materiale per dedicarsi alla loro redazione. Ogni minuto disponibile è assorbito dalla produzione, dal "fare" immediato. Anche solo pensare di fermarsi a ragionare su come migliorare il flusso operativo sembra un lusso fuori portata. È come voler costruire un ponte mentre si sta già cercando di attraversare un fiume in piena: necessario, ma apparentemente impossibile.
Finita la stagione delle scadenze, si apre teoricamente uno spazio utile per rimettere mano all'organizzazione. Tuttavia, subentrano altri fattori che dirottano l'attenzione: le vacanze tanto agognate, i congedi estivi dello staff, il rallentamento fisiologico dei clienti che posticipano incontri e decisioni. Poi il rientro con gli arretrati da smaltire. Poi, ancora, emergono nuove sfide: operazioni straordinarie, nuovi servizi da proporre, progetti di crescita. Per poi ripartire nuovamente con un'altra stagione di scadenze. Così, l'idea di rivedere i processi torna ad essere relegata in fondo all'elenco delle priorità.
Ogni commercialista, conoscendo perfettamente il proprio studio e le sue dinamiche interne, potrebbe comunque scrivere da sé le migliori procedure, perfettamente aderenti alla propria organizzazione, meglio di qualunque consulente esterno. Il problema non è la capacità o la competenza: è il tempo. Non avendone mai a disposizione a sufficienza per elaborare e formalizzare questi processi, molti progetti di riorganizzazione rimangono incompiuti per anni.
Tuttavia, la sola stesura delle procedure, per quanto ben fatta, non basta. Il vero risultato si ottiene solo quando le procedure attecchiscono nella vita quotidiana dello studio. È necessario che le persone le conoscano, le comprendano e le sentano come strumenti utili, non come imposizioni burocratiche. E soprattutto le utilizzino sempre, anche e soprattutto nei momenti di emergenza.
L'attecchimento potrebbe essere dato da un lavoro sistematico di coaching operativo: un accompagnamento concreto che aiuti il team a interiorizzare i nuovi metodi di lavoro, superare le resistenze e integrare le procedure nella pratica quotidiana. Serve inoltre attivare un sistema di audit interni: semplici controlli periodici, finalizzati non a giudicare, ma a monitorare l’applicazione delle procedure, a intercettare le difficoltà e a stimolare miglioramenti continui.
È necessario un lavoro di comunicazione interna, formazione pratica e affiancamento nei primi utilizzi, per aiutare il team ad adottare gradualmente i nuovi metodi di lavoro. Solo così le procedure diventano davvero parte della cultura organizzativa e non un manuale dimenticato in un cassetto. L'esperienza insegna che procedere per piccoli passi, rendendo visibili subito i vantaggi pratici e affiancando il personale nella fase iniziale di adozione, è il modo più efficace per consolidare il cambiamento e rendere duratura l’efficienza organizzativa.
La verità è che, senza una decisione consapevole e pianificata, non arriva mai il momento giusto per riorganizzare lo studio. C'è sempre un'emergenza più pressante, un'urgenza produttiva che reclama attenzione immediata. L'ottimizzazione dei processi e la costruzione delle procedure rimangono un desiderio inespresso, un progetto da fare “appena possibile”, che però non si concretizza mai. Siccome il momento favorevole non arriverà mai, tanto vale farlo subito.
Chi riesce a compiere il salto di qualità non è il professionista che aspetta di avere tempo, ma quello che decide di investire risorse organizzative anche quando sembra più difficile. Magari iniziando con piccoli passi: una check-list per la chiusura dei bilanci, uno schema di controllo per le dichiarazioni, una guida interna per la gestione dei documenti. Strumenti semplici, ma che iniziano a liberare energia mentale e ridurre la pressione operativa.
In conclusione, il commercialista sotto pressione vede, più chiaramente di chiunque altro, il valore delle procedure. Ma se vuole davvero cambiare il proprio modo di lavorare, deve smettere di considerare l’organizzazione come un'attività "accessoria" rispetto al lavoro produttivo. Le procedure non sono un lusso, ma una necessità strategica per chi vuole crescere, ridurre il rischio di errore, e vivere il proprio mestiere con maggiore serenità.
Un progetto da iniziare subito e da portare avanti a piccoli passi, proprio durante le emergenze.