Il cliente “tutto e subito” è ormai figura comune a tutti gli studi professionali. Lo riconosciamo subito: invia email alle 18:30 del venerdì pretendendo risposta immediata, chiama alle 21:00 per “solo una domanda veloce”, scrive su WhatsApp la domenica mattina aspettandosi risposte istantanee. Dal 2010, con l’esplosione degli smartphone, il fenomeno si è intensificato, conducendo le professioni intellettuali a confrontarsi con aspettative di immediatezza quasi irreali. Le ragioni alla base sono molteplici:
· digitalizzazione pervasiva che ha reso possibile la connettività permanente;
· cultura dell’immediatezza alimentata dall’e-commerce e dai servizi on-demand;
· concorrenza sul mercato di studi che propongono h24 assistenza.
L’identikit del cliente senza pazienza
Se stessimo compilando la sua carta d’identità, noteremmo caratteristiche ben precise: invia documentazione all’ultimo minuto per scadenze note da mesi; usa contemporaneamente tutti i canali disponibili; considera ogni richiesta come “LA” priorità assoluta e si irrita quando gli si chiede di rispettare tempistiche.
Una consulente del lavoro, ad esempio, mi ha riferito di un imprenditore che, non ricevendo risposta immediata a un’email inviata alle 22:30, aveva iniziato a chiamare ripetutamente fino alle 23:15. Il motivo? Voleva informazioni su un modulo la cui scadenza era prevista tre settimane dopo!
Perché succede tutto questo?
Se volessimo sintetizzare il cambiamento in atto è “immediatezza”. Viviamo nell’epoca della gratificazione istantanea: Amazon consegna in giornata, Netflix propone contenuti on-demand, i social ci hanno abituato a risposte immediate. Questa “cultura del click” ha eroso la nostra tolleranza all’attesa. Per molti clienti, poi, esiste una sorta di egocentrismo professionale: la propria questione è sempre la più importante, semplicemente perché è la loro. Manca la percezione che il professionista stia gestendo contemporaneamente decine di pratiche analoghe. È come se ciascun cliente si considerasse l’unico nella sala d’attesa virtuale dello studio. A questo si aggiunge la trasformazione tecnologica, che ha reso i confini tra orario lavorativo e vita privata sempre più sfumati. Lo smartphone sempre acceso, le notifiche a qualsiasi ora, l’e-mail consultabile dal divano hanno autorizzato comunicazioni in qualsiasi momento.
Come affrontare il cliente “tutto e subito”?
Dobbiamo interpretare questa sfida come un aspetto della moderna professione che richiede approccio strutturato, oppure viverla come inevitabile fonte di stress? La risposta a questa domanda è il bivio davanti a cui molti professionisti oggi si trovano.
Il primo passo è stabilire regole precise e comunicarle con chiarezza:
· orari di disponibilità telefonica definiti;
· tempi medi di risposta per comunicazioni (24-48 ore lavorative);
· preavviso necessario per appuntamenti;
· procedure specifiche per reali emergenze.
Questi confini non sono limiti arbitrari, ma condizioni necessarie per garantire un servizio di qualità. Comunicarli chiaramente è il primo passo per educare il cliente.
Educare, non giustificarsi
Quando un cliente viola questi confini, la tentazione è giustificarsi: “Mi scusi, ero a cena...” oppure “Ero impegnato con altro cliente”. Questo rafforza l’idea che il professionista debba essere sempre disponibile.
È più efficace educare il cliente sul funzionamento dello studio: “Gestiamo le richieste in ordine di priorità. La sua verrà elaborata entro martedì” oppure “Ricevo chiamate in orari prestabiliti, per garantire a tutti attenzione completa”. Non ci stiamo scusando, ma spiegando un processo organizzativo funzionale.
Lo studio professionale 4.0
La tecnologia, che in parte ha alimentato questo fenomeno, può diventare preziosa alleata:
· messaggi automatici di risposta con tempi di elaborazione;
· calendari online per prenotazione autonoma;
· form strutturati per raccolta informazioni;
· FAQ per domande ricorrenti;
· sistemi di ticketing per categorizzare richieste.
Tutto ciò permette di lavorare in modo intelligente, ottimizzando processi e risorse.
Una nuova mentalità: dalla reattività alla proattività
Questa nuova epoca richiede non solo nuovi strumenti, ma anche nuova cultura del lavoro. Ciò significa passare da un approccio reattivo a uno proattivo:
· pianificazione preventiva delle scadenze ricorrenti;
· comunicazioni periodiche ai clienti su adempimenti in arrivo;
· sensibilizzazione sull’importanza di documentazione tempestiva;
· sistemi premianti per chi rispetta tempistiche.
Questo cambio di prospettiva riduce lo stress e migliora qualità del servizio. Il tempo ha valore e va programmato, pianificato e verificato mediante strumenti come il timesheet, che registra come allochiamo le nostre ore.
Valorizzare tempo e competenza
Molti clienti non rispettano i tempi del professionista perché non ne comprendono il valore. È essenziale far capire che dietro ogni consulenza c’è un lavoro complesso che richiede tempo, attenzione e competenza costruita in anni.
Un commercialista di Milano mi raccontava di avere iniziato a spiegare ai clienti “impazienti” i passaggi necessari per completare le pratiche, con stima dei tempi. Questo semplice esercizio di trasparenza ha ridotto pressioni indebite e migliorato la collaborazione.
La gestione del cliente “tutto e subito”, dunque, è una sfida per tutti i professionisti moderni. Non si tratta di una battaglia contro il cliente, ma di costruire una relazione equilibrata che rispetti necessità di entrambe le parti. Il futuro richiede nuova cultura del lavoro e mentalità. Tutto ciò passa da organizzazione efficiente, approccio manageriale interno ed imprenditoriale esterno, dove tecnologia, processi definiti e comunicazione chiara diventano elementi chiave.
Ricordiamoci che siamo professionisti, non macchine automatiche. La nostra disponibilità ha valore proprio perché limitata e qualificata. Il tempo è risorsa preziosa: stabilire come allocarlo è decisione importante che prendiamo ogni giorno, per noi, i nostri collaboratori e clienti. Infine, coltivate la vostra autostima e prendete in mano eventuali paure che il cliente vi potrebbe lasciare per un altro professionista: se gli basterà così poco per cambiare, allora era un cliente che era meglio perdere che tenere.