In questo periodo dell’anno vengono spesso prospettati interventi sulla misura delle aliquote IVA, allo scopo di tutelare determinati settori economici nazionali.
Tra gli emendamenti alla legge di Bilancio per il 2026, in particolare, sono presenti svariate richieste di modifica delle aliquote IVA (es.: per le ostriche, le carni suine, ecc.).
In passato, inoltre, ci sono state molte discussioni a seguito della previsione di applicare aliquote IVA agevolate a prodotti pregiati come i tartufi (5 per cento per i prodotti freschi, 10 per cento per i prodotti congelati o conservati).
Quale è tuttavia la normativa di riferimento in tale ambito e quali sono le motivazioni “reali” alla base dell’applicazione di un’aliquota ridotta?
Innanzitutto, in materia di imposta sul valore aggiunto, ciascun Stato membro dell’Unione europea applica un’aliquota normale (in Italia, il 22 per cento), non inferiore al 15 per cento, ad una percentuale della base imponibile che è identica per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi (cfr. articoli 96 e 97, Direttiva IVA).
Gli Stati membri possono tuttavia applicare anche due aliquote ridotte (articolo 98, direttiva 2006/112/CE), fissate a una percentuale della base imponibile che non può essere inferiore al 5 per cento, con riferimento alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi elencate nell’allegato III alla direttiva 2006/112/CE.
Infine, in aggiunta a tali due aliquote ridotte, gli stessi possono applicare un’aliquota ridotta inferiore al minimo del 5 per cento e un’esenzione con diritto a detrazione dell’IVA pagata nella fase precedente a un numero ristretto di cessioni di beni e prestazioni di servizi, sempre riportate nell’allegato III a detta direttiva.
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