Il caso delle società in liquidazione giudiziale: quando il contraddittorio diventa un miraggio
di Stefania Duzzi
L'accertamento con adesione spesso si scontra con alcuni aspetti applicativi.
Un caso emblematico è quello che ha recentemente coinvolto una società in liquidazione giudiziale.
La vicenda è particolarmente interessante in quanto evidenzia le intricate dinamiche che possono emergere quando si intrecciano le procedure concorsuali con gli strumenti di definizione agevolata dei contenziosi tributari.
L'Agenzia delle Entrate aveva notificato al curatore della società e all'ex legale rappresentante un atto di recupero riguardante il disconoscimento di un credito relativo a spese di ricerca e sviluppo, contestandone l'esistenza stessa.
La situazione si è complicata quando il curatore, a ridosso della scadenza dei termini per l'impugnazione (60 giorni), ha comunicato via PEC al legale rappresentante il disinteresse della procedura ad impugnare l'atto, implicitamente "autorizzandolo" a procedere autonomamente per la tutela dei propri interessi.
L'ex legale rappresentante, fermamente convinto della legittimità del credito e intenzionato a dimostrare il pieno rispetto delle norme in materia di spese di ricerca e sviluppo, ha cercato di avviare un dialogo con l'Amministrazione finanziaria presentando istanza di accertamento con adesione presso la competente Direzione Provinciale dell'Agenzia delle Entrate.
Nonostante i ripetuti solleciti per la fissazione di un contraddittorio, l'Amministrazione finanziaria ha risposto con un diniego dell'istanza, ritenendola priva di effetti giuridici. La motivazione addotta è stata che il legale rappresentante non sarebbe più soggetto legittimato a rappresentare la società né a disporre delle posizioni creditorie e debitorie sociali in seguito all'apertura della procedura concorsuale.
A sostegno della propria posizione, l'Agenzia delle Entrate ha fatto riferimento alla sentenza della CTR Venezia n. 707/24/16, dove i giudici di merito hanno sostenuto che al fallito fosse preclusa ab origine la possibilità di presentare istanza di accertamento con adesione.
La motivazione principale di tale orientamento si basava sull'impossibilità di perfezionare l'adesione attraverso il pagamento, come previsto dall'articolo 9 del DLgs. 218/1997, considerata la perdita di disponibilità dei propri beni da parte del fallito.
Questa interpretazione ha portato l'Amministrazione e i giudici a ritenere che non operasse nemmeno la sospensione dei 90 giorni prevista dalla presentazione dell'istanza di accertamento con adesione, con la conseguenza che il termine per la presentazione del ricorso fosse già spirato con conseguente declaratoria di illegittimità del ricorso.
L'interpretazione dell'Amministrazione finanziaria, tuttavia, non tiene conto di una distinzione fondamentale nel diritto fallimentare: il caso citato nella sentenza della CTR Venezia riguardava una ditta individuale, dove si verifica una totale confusione tra patrimonio personale e patrimonio aziendale.
Nel caso di una società di capitali in liquidazione giudiziale, invece, le conseguenze della procedura concorsuale riguardano esclusivamente i beni sociali, mentre l'ex legale rappresentante mantiene la piena disponibilità del proprio patrimonio personale.
Questa differenza non è meramente formale ma sostanziale: l'ex amministratore di una srl in liquidazione giudiziale, diversamente dal titolare di una ditta individuale fallita, potrebbe teoricamente concludere un accordo con l'Amministrazione finanziaria e perfezionarlo utilizzando risorse personali o di terzi, completamente esterne alla società.
Tale operazione risulterebbe pienamente valida e lecita per diverse ragioni:
non verrebbero utilizzate risorse appartenenti alla massa fallimentare;
non si verificherebbe alcuna lesione della par condicio creditorum;
il principio dello spossessamento rimarrebbe intatto;
la validità del pagamento sarebbe garantita dall'utilizzo di risorse estranee al patrimonio oggetto della procedura fallimentare.
L'analisi del caso evidenzia come l'Amministrazione finanziaria abbia sottovalutato la fondamentale diversità degli effetti della liquidazione giudiziale tra società di capitali e società di persone o imprese individuali.
La situazione diventa ancora più kafkiana se si considera che la stessa Amministrazione ignora la sentenza della CTP di Udine n. 26 del 21.05.2023, dove in un caso analogo né i giudici né l'Ufficio avevano sollevato eccezioni sulla legittimità dell'istanza di accertamento con adesione presentata dall'ex amministratore di una srl in fallimento.
In conclusione, la disparità di trattamento che emerge da questa vicenda solleva questioni importanti sulla certezza del diritto e sull'uniformità dell'applicazione delle norme tributarie: si manifesta ancora una volta una situazione paradossale in cui l'interpretazione delle norme sembra essere guidata più dagli orientamenti giurisprudenziali che da una lettura sistematica e uniforme delle disposizioni normative.