Mentre il 2025 avanza, cresce l’urgenza di riflettere su quale direzione stia prendendo la professione di dottore commercialista. Perché i clienti si rivolgono a noi? Come sta evolvendo il mandato del commercialista? E quale ruolo saremo chiamati a svolgere nel prossimo futuro?
Su questi fronti, la categoria sembra ferma da tempo, così come si sono cristallizzate le aspettative dei clienti.
Nel mandato “tipico” prevalgono ancora attività tradizionali – contabilità, bilancio, dichiarativi – mentre il ruolo consulenziale, troppo spesso, resta marginale.
Viene allora naturale chiedersi: siamo davvero in grado di offrire qualcosa di più, un valore aggiunto capace di generare ritorni nel medio-lungo termine? La risposta è affermativa, a condizione di cambiare la “visione” di noi stessi.
Nel futuro, seguire il cliente significherà lavorare su obiettivi chiari e misurabili.
Il nostro mestiere continuerà a basarsi sulla raccolta sistematica di numeri – in euro e in volumi nei report gestionali – ma cambierà lo scopo: non più meri adempimenti, bensì partecipazione attiva al successo del cliente.
La strategia vincente consisterà nella diffusione di una nuova disciplina del controllo: una normalità in cui i numeri vengano chiusi e analizzati almeno trimestralmente, monitorati con attenzione e consapevolezza.
Non si tratta solo di rispondere alle esigenze degli “adeguati assetti organizzativi” imposti dalla normativa, ma soprattutto di adottare un approccio proattivo, che dovrà partire in primis dai noi Dottori Commercialisti. Vi dovrà essere un vero e proprio cambio di mentalità operativo.
Nel concreto, il nostro sforzo dovrà concentrarsi su alcuni punti chiave: capire come si forma la performance aziendale, migliorare la qualità dei dati che riceviamo e affinare la nostra capacità di tradurli in messaggi gestionali chiari e utili per il cliente.
In questa prospettiva, diventa fondamentale:
1) impostare un dialogo costante con il cliente, attraverso incontri periodici o call dedicate. La conoscenza dell’esperienza del settore, degli obiettivi e della visione strategica del cliente, costituisce la base di partenza;
2) diffondere i concetti fondamentali della gestione aziendale. Nelle PMI le lacune in questo ambito sono ancora numerose: se necessario, bisognerà “tornare insieme sui banchi di scuola”, senza timori;
3) analizzare in modo neutrale i dati. Guardare ai bilanci dei clienti come se fossero propri, mantenendo lucidità e oggettività di giudizio, è essenziale per proporre indicazioni sostanziali e non meri aggiustamenti formali;
4) focalizzarsi sulla qualità dei numeri. Comprendere come nascono, quali processi li determinano, e quali dinamiche li alimentano: non solo i dati già tradotti nei bilanci, ma anche quelli ancora in formazione (ordini, politiche di prezzo, piani di investimento);
5) orientare il cliente nelle sue decisioni, unendo formazione personalizzata ad un uso sapiente dei dati raccolti.
Questo nuovo approccio non solo migliorerà la competitività delle PMI, ma produrrà benefici per il sistema imprenditoriale.
Le imprese potranno avvalersi di un servizio su misura, senza dovere sostenere i costi elevati di figure interne come il junior controller (il cui costo aziendale medio si aggira attorno ai 40.000 euro annui), mentre i professionisti potranno creare valore aggiunto autentico per i propri clienti. Una situazione di reciproco vantaggio.
Nel libro “Build, Borrow or Buy”, Laurence Capron e Will Mitchell hanno analizzato le variabili strategiche utili a orientare la scelta tra creare, acquisire o esternalizzare un servizio.
Questa stessa logica dovrebbe guidare anche i professionisti, nella gestione del proprio tempo e delle proprie competenze: scegliere consapevolmente su quali attività concentrarsi direttamente, e quali esternalizzare come “sottomandati”.
Siamo di fronte a una stratificazione in atto negli studi professionali, che porterà alla distinzione fra chi progetterà e coordinerà i mandati di servizio integrato, e chi fornirà servizi specialistici compresi nei “sottomandati”, all’interno di queste architetture più complesse.
I giovani che oggi si preparano all’esame di Stato devono sapere che il futuro della professione sarà sempre più orientato al risultato per il cliente, superando modelli di servizio standardizzati e ripetitivi (come quelli dei CAF), destinati a essere rapidamente sostituiti dall’intelligenza artificiale.
Il paradigma si sposterà verso figure professionali evolute, elastiche, proattive, capaci di collaborare in modo dinamico e modulare, piuttosto che mantenere strutture rigide e costose.
È un cambiamento che è già iniziato. Sta a noi decidere come viverlo.