I giovani Neet non studiano e non lavorano. Ma ci sono progetti per loro
di Francesco Carrubba
“Non studio, non lavoro, non guardo la TV. Non vado al cinema, non faccio sport”. Il brano “Io sto bene” dei CCCP è del 1986, quasi 40 anni fa, e sembra descrivere alla perfezione i “Neet” (Not in Education, Employment or Training). I “giovani che non studiano e non lavorano” rappresentano infatti un ambito d’intervento importante, a cui la nostra società dovrebbe guardare con maggiore attenzione.
E per fortuna qualcosa si muove, visto che ci sono progetti per loro. “Giovani e Lavoro per ZeroNeet”, per esempio, è il programma di Fondazione Cariplo, Intesa Sanpaolo e Generation Italy che, con una dotazione complessiva di 50 milioni di euro, intende formare gratuitamente migliaia di Neet.
L’obiettivo è provare ad aprire loro le porte delle professioni più richieste dal mercato. L’esperimento è interessante perché, come evidenziato dai promotori, vede pubblico, privato e no-profit unire le forze per far incontrare giovani e imprese.
I Neet in Italia
Gli ultimi dati disponibili parlano di circa 1,3 milioni di NEET tra i 15 e i 29 anni in Italia nel 2024, una quota corrispondente al 15,2 per cento della popolazione giovanile. Queste cifre collocano il Belpaese al terzo posto nel Vecchio Continente dopo Turchia e Romania, ben lontano dalla media UE dell’11 per cento. Il sogno di ZeroNeet è raggiungere in anticipo l’obiettivo del 9 per cento che l’Europa indica per il 2030.
In Lombardia i NEET sono circa 150.000, pari al 10,1 per cento dei giovani, con differenze significative tra le province: si va dai picchi del 13,8 per cento di Lodi e 12,7 per cento di Pavia al 7,2 per cento di Lecco e 7,6 per cento di Monza e Brianza. Milano è al 10,6 per cento.
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