“Houston, abbiamo un problema”: l’incasso giuridico e il ritorno sulla Terra dell’Agenzia delle Entrate
di Marco Cramarossa
Se un astronauta rientrasse dallo spazio dopo un decennio vissuto in orbita e, atterrato sul pianeta Terra, pretendesse di dettare legge in tema di geopolitica, potremmo anche indulgere in un sorriso benevolo. Se, invece, a rientrare fosse l’Agenzia delle Entrate e lo facesse riesumando lo spettro dell’incasso giuridico, come se dal 2015 ad oggi non fosse cambiato nulla, allora il sorriso si farebbe (come in effetti si è fatto) smorfia. Una smorfia di disappunto, se non proprio di allarme costituzionale.
Il caso è quello delle risposte (quasi fotocopia) a interpello n. 59/2025 e n. 182/2025, nel cui ambito il tema riguarda la rinuncia di persone fisiche (non imprenditori) al diritto di percepire dividendi già deliberati per la distribuzione, ovvero crediti riferiti a redditi tassati per cassa. In particolare, l’istante dell’ultimo interpello, in ossequio alla più recente giurisprudenza (Cass. sentenza n. 16595/2023), domanda se tale rinuncia determini una sopravvenienza attiva in capo alla società, da assoggettare a tassazione secondo l’articolo 88, comma 4-bis, del Tuir, senza che vi sia (più) spazio per la tanto discussa (e discutibile) fictio dell’incasso giuridico.
L’Agenzia, come un replicante che non ha ricevuto l’aggiornamento software, si ostina invece a riesumare il principio elaborato nella circolare n. 73/E del 1994 e richiama la risoluzione n. 124/E del 2017. In particolare, quest’ultima risoluzione ha ritenuto non tassabile ex comma 4-bis la rinuncia a crediti fatta da persone fisiche non esercenti attività d’impresa, posto che non è “ravvisabile alcuna differenza tra il valore fiscale dei crediti rinunciati e il loro valore nominale”, e ritenendo peraltro non necessaria “la comunicazione alla società partecipata del valore fiscale dei crediti oggetto di rinuncia”, ma, risvegliando la citata circolare n. 73/E/1994 e un orientamento della Cassazione (relativo a vicende ante 2015), ha concluso che tale rinuncia presupponeva l’avvenuto incasso giuridico del credito e quindi l’obbligo di sottoporre a tassazione il relativo ammontare, anche mediante applicazione della ritenuta di imposta.
Sorvolando sul fatto che il comma 4-bis dell’articolo 88 del Tuir non opera alcuna distinzione tra soci che detengono le partecipazioni come persone fisiche o in regime d’impresa, né tanto meno distingue i crediti in ordine alla loro natura e origine, ritorniamo alla risposta ad interpello n. 182/2025, che (al pari della n. 59/2025), con un doppio salto mortale indietro con triplo avvitamento alla Simone Biles, dopo avere riconosciuto la non tassabilità della sopravvenienza in capo alla società, finisce per disseppellire le ossa della tesi secondo cui la rinuncia al credito determinerebbe, di per sé, una forma di incasso giuridico dei dividendi rinunciati, tale da giustificare l’applicazione della ritenuta del 26 per cento.
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