Essere ostaggi dell’algoritmo: l’Amministrazione Finanziaria tra rigidità digitale e modernità irrealizzata
di Piero Sanna Randaccio
Nel panorama della fiscalità italiana, il credito d’imposta ZES 2025 rappresenta una delle principali leve di sviluppo e rilancio per le imprese del Mezzogiorno. Ma accanto alle opportunità, si annidano criticità procedurali che rischiano di compromettere l’efficacia delle politiche pubbliche, trasformando la burocrazia digitale da strumento di efficienza a fonte di nuove iniquità.
La vicenda è, purtroppo, paradigmatica. Una società presenta regolare istanza per il credito d’imposta ZES, ma incorre in un errore formale di compilazione. Fin qui nulla di sorprendente: la complessità delle procedure e la novità del quadro regolatorio possono favorire errori anche in soggetti esperti. Viene presentata quindi una prima istanza correttiva, ma il software Sogei, che gestisce la piattaforma, rileva solo il primo errore, tacendo su altri vizi presenti. Così, la società – ignara degli ulteriori rilievi – ripropone una seconda istanza, che viene di nuovo scartata per un nuovo errore. Solo a questo punto, dopo due ricevute negative, il termine decadenziale è alle porte: la terza e definitiva correzione, benché tempestiva nell’intenzione, viene respinta perché fuori termine.
Un banale errore formale, sanabilissimo, si trasforma in una causa di esclusione definitiva, a causa della rigidità del sistema informatico che, invece di aiutare il contribuente, lo intrappola in un meccanismo a penalità crescente.
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