Educare nell’era digitale: riflessione sul divieto dei social per gli under 16
di Sara Bellanza
I social sono nati con l’idea di connettere le persone, ovunque si trovassero. Inizialmente servivano soprattutto a scambiarsi messaggi, condividere pensieri o fotografie. Con il tempo, però, il loro ruolo è cambiato profondamente: il progresso tecnologico ha favorito la nascita degli influencer, la corsa ai follower e la ricerca costante di contenuti
virali e immediati.
Oggi i social continuano a soddisfare il bisogno umano di relazione, ma in forme molto diverse rispetto al passato. Accanto a questo cambiamento, però, emergono problemi concreti: profili falsi creati per truffare o adescare i più giovani, contenuti inadeguati, e la crescente tendenza alla dipendenza digitale. Molti ragazzi e ragazze si trovano intrappolati in un ciclo di notifiche, like e confronti costanti, che li mantiene perennemente connessi e spesso insicuri.
Alla luce di questo scenario, va segnalato che, pochi giorni fa, l’Australia ha introdotto il divieto di accesso ai social media per i minori di 16 anni, diventando il primo Paese al mondo a fissare un limite d’età così alto. Si tratta di una misura drastica di fronte a un problema reale, che inevitabilmente solleva interrogativi: questo modello sarà adottato da altri Paesi o si rivelerà un esperimento destinato a fallire?
I giovani e i social



