E se i commercialisti si mettessero a fare le radiografie (alle aziende)?
di Massimo Pezzini e Stefano Ricca
Nel 2016 Geoffrey Hinton, premio Turing per l’informatica, disse una cosa che fece tremare il mondo della medicina: “Smettiamo di formare radiologi, tra cinque anni l’intelligenza artificiale li avrà sostituiti tutti”. Sembrava sensato. Le macchine stavano diventando bravissime a leggere le immagini mediche, molto più veloci degli umani. Oggi, nel 2025, i radiologi negli Stati Uniti guadagnano molto bene e sono più richiesti che mai. Hinton aveva sbagliato tutto.
Non perché la tecnologia non funzionasse. Anzi. All’inizio degli anni 2000, quando arrivarono le immagini digitali, la produttività esplose: +27 per cento per le radiografie semplici, +98 per cento per le TAC in un anno. Leggere, archiviare, condividere era diventato velocissimo.
Tutti pensavano: più efficienza uguale meno radiologi. Invece tra il 2000 e il 2008 il numero di esami per paziente crebbe del 60 per cento. Più era facile fare una radiografia, più i medici ne prescrivevano. Il lavoro non diminuì. Esplose. Gli economisti lo chiamano paradosso di Jevons: quando rendi qualcosa più efficiente, non ne consumi meno. Ne consumi di più.
Ora la domanda: quante aziende italiane avrebbero bisogno di essere “radiografate”? Quante PMI navigano a vista, senza capire i loro numeri, senza una diagnosi seria? La risposta è: quasi tutte.
Ma chi fa questo lavoro? Gli studi commercialisti, nella maggior parte dei casi, no. Sono troppo impegnati a rincorrere scadenze e adempimenti. Eppure, esistono strumenti per organizzare meglio il lavoro interno dello studio, liberare tempo, smettere di annegare nel quotidiano. E dall’altra parte esistono servizi di analisi e consulenza che le aziende pagherebbero volentieri, se solo qualcuno glieli offrisse davvero.
Il problema è che continuiamo a usare la tecnologia per fare più velocemente le stesse cose invece di fare cose diverse.
È un po’ come se al pronto soccorso arrivasse una macchina capace di fare 200 lastre all’ora, e si decidesse di usarla solo per fare più velocemente le tre lastre che si facevano prima. Ha senso? No.
Ma è esattamente quello che succede negli studi: abbiamo potenza moltiplicata degli strumenti, ma non si cambia il modello di business. Siamo nel paradosso più grande di tutti: abbiamo finalmente gli strumenti per capire il paziente, ma continuiamo a limitarci a stampare il referto. E non ce ne rendiamo conto perché la tecnologia, quando arriva, fa sempre la stessa cosa: va veloce, amplifica, rivela. Se sei organizzato, diventi eccellente. Se sei disorganizzato e non fai nulla, diventi ingestibile. Se sei consulente, diventi indispensabile. Se sei un esecutore, diventi sostituibile.
Ma quindi cosa sta facendo la professione di tutto questo potenziale esplosivo? Nulla.
Continua a leggere con una prova gratuita di 7 giorni
Iscriviti a Blast - Quotidiano di diritto economia fisco e tecnologia per continuare a leggere questo post e ottenere 7 giorni di accesso gratuito agli archivi completi dei post.


