Dogane e commercio internazionale, la fine delle regole del gioco ed il ruolo WTO
di Ettore Sbandi
Comunque vada la vicenda dei dazi USA e, soprattutto, qualunque sarà la reazione ed il punto di equilibrio che raggiungeranno le parti del commercio internazionale – dove sono annoverate, come protagoniste, non solo l’America e l’UE, ma anche la Cina, UK, il Giappone, la Russia, il Brasile o l’India – appare ormai certo che il punto di equilibro raggiunto sarà connotato da principi radicalmente diversi da quelli che abbiamo imparato a conoscere da quasi un secolo.
In questo frangente storico, che oggi conosce il suo picco storico ma che ha ragioni e fondamenta che sorgono da almeno un decennio, infatti, le basi del dialogo internazionale sono saltate e la comunità internazionale ha scelto di operare non più secondo regole condivise, ma settoriali, dividendo i Paesi partner, per così dire, tra Paesi amici, Paesi meno amici, Paesi nemici e Paesi meno nemici.
Forse, ogni oltre considerazione sui nuovi assetti, occorrerebbe definire le cose con il loro norme, edulcorato o sensazionalistico (questo lo scelga il lettore): tensione commerciale o trade war.
Ma se la fase è critica, la ragione è da ricercare anzitutto in un motivo, ossia a fine delle regole WTO, che peraltro si riflette, ancor più pericolosamente, in una serie di decisioni di diritto interno che stanno sempre più assumendo i contorni di decisione finalistiche, più votate alla persecuzione di criteri puntivi, più che ispirati dalla rigorosa applicazione del diritto.
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