Dodici mesi in un solo giorno
di Stefano Ricca
Ed eccoci al capolinea.
Questo giorno lo ricorderemo per tutto il prossimo anno. O meglio, lo citeremo infinite volte. Trentuno dodici. Quando? Al trentuno dodici. Un giorno che sa di tirare le somme, in tutti i sensi. Un resoconto.
L’ultimo giorno dell’anno per noi che ora lo stiamo vivendo è già proiettato all’anno dopo, come se le ventiquattr’ore fossero solo il countdown degli ultimi secondi. Ma cosa dico ventiquattr’ore? Dodici mesi. Alias un anno intero.
L’ultimo giorno profuma anche di nostalgia. Chi ricorda Italia Uno che trasmetteva la trilogia di Guerre Stellari? Io ricordo anche ore di Blob su Raitre. L’alternativa sfigata a brindisi e trenini. Siamo ancora nei giorni dei panettoni e pandori avanzati. Per me il pandoro è solo Melegatti, quello nella confezione azzurra, quello della pubblicità di Franca Valeri. Nostalgia. Perché il Natale è anche nostalgia. Cambiamenti obbligati. Non è solo il modo di festeggiare che è cambiato. Sono anche le persone che non ci sono più. E tutto ha un altro sapore, non solo il pandoro Melegatti.
Comunque, Natale è anche tradizione. Un po’ come è diventata tradizione questa rubrica. Un po’ come Una poltrona per due la Vigilia di Natale. Tradizione deriva dal latino traditio, che significa consegna o trasmissione. Quindi la tradizione è qualcosa che viene dato, consegnato. Che diamo a noi stessi a volte. Quell’occasione in cui siamo noi a creare una tradizione. Qualcosa che si ripete e nel ripetersi consegno un momento al tempo, celebrandolo.
Forse il Natale è qualsiasi cosa che ripetendosi ci dà gioia. Anche una rubrica.
Sul trascorso fiscale di quest’anno non ci siamo fatti mancare niente.
Il concordato preventivo biennale ci ha accompagnato per tutto l’anno. Ripresentato, discusso, ripensato. Le adesioni sono calate rispetto alle aspettative. Settembre è stato il mese del grande rush. “Secondo lei conviene?” “Quanto devo pagare?” “E se l’anno prossimo va male?” Telefonate su telefonate. Uno strumento che doveva semplificare e invece ha generato solo più dubbi. Più ansia.
Poi c’è stata lei, sempre lei. La rottamazione quinquies. Ogni settimana un numero diverso.
La quinta edizione. Ormai non è più straordinaria, è ordinaria amministrazione. Come le scadenze fiscali. È diventata una costante del calendario tributario italiano, una di quelle cose su cui puoi contare. Aspettiamo la prossima. Tanto arriverà.
Ottobre è stato il mese della confessione. Commercialisti, avvocati, professionisti hanno dovuto ammettere pubblicamente l’uso dell’intelligenza artificiale. Un po’ come uno sportivo che confessa il doping. Solo che qui il doping è legale, anzi, consigliato. E mentre dichiaravamo l’uso dell’AI, lei stava già cambiando tutto. Testi pieni di lineette. Spoiler ovunque. Quella certa uniformità di pensiero. Forse è arrivato il momento di darle un perimetro, studiarla, adattarla a noi e non spararla come fosse la soluzione a tutto.
E poi sono arrivate le contestazioni sulle perdite Covid. Schemi di atto. Inviti al contraddittorio. L’Agenzia delle Entrate che contesta il riporto delle perdite fiscali alle imprese che hanno ricevuto contributi durante la pandemia. Questione tecnica: contributi considerati proventi esenti invece che esclusi. Ma gli effetti sono concreti. È l’ennesimo cortocircuito dell’amministrazione finanziaria.
Le PEC hanno cambiato ancora versione. Arriva una nota di Unioncamere: “Adesso facciamo così”. Ennesimo cambio. Ennesima comunicazione ai clienti che fanno finta di leggere. Ma chiedersi a cosa serve questo adempimento no, vero? Eppure sarebbe il caso.
Abbiamo fatto i buoni propositi a settembre. Che fine hanno fatto? Quanti “lo facciamo entro la fine dell’anno” pronunciati nei mesi scorsi? Quanti sono diventati “ci ripenso a gennaio”? E nel frattempo cosa abbiamo fatto? Ripescato la circolare sugli omaggi natalizi.
Ma il vero colpo di scena è arrivato a dicembre. Stavolta la notizia più bella è una non notizia. Una notizia del futuro.
Correva l’anno 2029.
Manco sappiamo se ci arriviamo e qualcuno pensa che ci sarà ancora il concordato preventivo biennale. Tanta roba. Dal primo gennaio 2029, infatti, se l’attuale formulazione della norma verrà confermata, nei rapporti tra imprese farà il suo ingresso una ritenuta d’acconto dell’uno per cento sui pagamenti, salvo che il percettore abbia aderito al concordato preventivo biennale o che non si trovi in regime di adempimento collaborativo. Anzi, a dire la verità, la ritenuta verrà anticipata al 2028 nella misura dello 0,50.
Roba che potrebbe dare ispirazione per la rubrica Futura dell’amico Massimo Pezzini. Quella che su Blast racconta di come sarà il mondo tra cinque anni. Perfetto. Ci siamo già dentro.
Tutto fantastico. Non fosse che nel frattempo ci preoccupiamo di come dovremo organizzarci nel 2029 (2028).
L’etimologia di preoccupare deriva dal latino praeoccupare, composto da prae (”prima”, “davanti”) e occupare (”occupare”), significando letteralmente occupare prima, ovvero occupare anticipatamente lo spirito. Giusto per capirci. Giusto per fare anche un po’ “Le parole di Blast”.
Ci preoccupiamo del 2029 quando ancora non sappiamo cosa fare a gennaio 2026. Quando ancora non abbiamo letto fino in fondo la legge di bilancio. Quando l’ultima rata della rottamazione quater deve ancora essere pagata. Quando la quinquies deve ancora partire. Ma noi pensiamo al 2029. Perché siamo fatti così.
Chiudiamo gli studi con la voglia di panettone e spumante. E nella testa la delega unica. E le rate. E gli F24. E i clienti che chiamano anche il trentuno dicembre per una domanda veloce.
Chiudiamo quest’anno come lo abbiamo iniziato. Con scadenze addosso. Con normative che cambiano. Con circolari da scrivere. Con clienti da richiamare. Con la sensazione che non ci si ferma mai. Che anche quando ti fermi tu, c’è sempre qualcosa che va avanti da solo. Un accertamento. Un avviso. Una PEC che arriva.
Ma quest’anno c’è stata anche un’altra cosa. E devo dirla, anche se sono di parte, visto che mi permette di pubblicare i miei strambi pensieri.
Quest’anno è nato Blast.
Quel qualcosa che mancava nel panorama. Lì, sui nostri schermi. La mattina quando siamo incazzati. La sera quando siamo stanchi. Il logo che riconosci. Le immagini. L’articolo nuovo che appare all’improvviso e dici “cacchio questo mi interessa ma ora non posso leggerlo”. I podcast ascoltati in macchina mentre vai dal cliente o torni a casa.
Un pezzetto del mio 2025 è stato con Blast. Con la fortuna di leggerlo ma anche di scriverlo. Quindi sì, mi sento in dovere di dirgli grazie.
Ma stasera non ci preoccuperemo. Se non per il pereppeppe e il trenino di Capodanno.
Perché siamo così. Chiacchieroni, preoccupati, arrabbiati e casinisti. Siamo italiani. E se c’è una cosa che ci piace è rendere complicate le cose per poi risolvere nel modo più fantasioso possibile.
Grazie Blast. Grazie a tutti.


