Distacco e prestito di personale: l’Agenzia detta la linea, ma restano i margini d’incertezza
di Simona Baseggio e Barbara Marini
Con la circolare n. 5/E di venerdì scorso, l’Agenzia delle Entrate ha fornito le prime istruzioni operative sull’applicazione dell’articolo 16-ter del decreto-legge 16 settembre 2024, n. 131, il cosiddetto “decreto Salva-infrazioni”, convertito con modificazioni dalla legge n. 166/2024. Si tratta di un intervento normativo destinato a modificare in profondità il trattamento IVA dei distacchi e dei prestiti di personale, segnando un deciso superamento del regime agevolato introdotto nel lontano 1988, con l’articolo 8, comma 35, della legge n. 67.
L’intervento normativo del 2024 nasce dall’esigenza di dare attuazione alla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea dell’11 marzo 2020 (causa C-94/19), che aveva censurato l’ordinamento italiano nella parte in cui escludeva dall’ambito dell’IVA i distacchi di personale remunerati solo con il rimborso del relativo costo. Per la Corte, anche in presenza di una remunerazione pari ai soli costi sostenuti dal datore di lavoro distaccante, l’operazione è da considerarsi effettuata “a titolo oneroso” ai fini dell’imposta, laddove esista un nesso diretto tra il distacco e il pagamento, cioè un vincolo sinallagmatico. In attuazione di questo orientamento, il legislatore nazionale ha abrogato il citato comma 35 (dell’articolo 8, L 67/1988), riportando nell’alveo dell’imponibilità IVA anche i distacchi e i prestiti di personale effettuati tra soggetti passivi a fronte di meri rimborsi spese.
In termini sostanziali, la circolare ribadisce che ai fini dell’imponibilità è necessario che siano integrati i tre consueti requisiti: soggettivo (il distaccante deve operare come soggetto passivo IVA), oggettivo (deve esservi un corrispettivo legato sinallagmaticamente alla prestazione) e territoriale (ai sensi degli articoli 7-ter e 7-septies del Dpr 633/1972).
Se la volontà di armonizzare la disciplina nazionale con i principi europei è da ritenersi corretta sotto il profilo sistematico, non si possono però tacere alcune criticità che la nuova impostazione inevitabilmente porta con sé.
Per quanto riguarda il requisito soggettivo, la circolare chiarisce che, qualora il distaccante sia un ente non commerciale, l’operazione è imponibile solo se rientra nell’ambito di un’attività d’impresa. Diviene dunque essenziale verificare in quale ambito l’ente impiegasse originariamente il personale distaccato: se in attività d’impresa, anche se accessoria, l’Agenzia presume la sussistenza del requisito soggettivo e, quindi, l’imponibilità. Al contrario, se il distacco si colloca nell’alveo dell’attività istituzionale, l’operazione è fuori campo IVA, sempre che non emerga un’organizzazione imprenditoriale idonea a configurare una prestazione economicamente rilevante. È una distinzione sottile, che lascia intravedere un’area grigia: la linea di confine tra istituzionale e imprenditoriale rischia di farsi evanescente, soprattutto nei casi in cui l’ente disponga di una struttura organizzativa stabile e idonea a gestire, in modo autonomo e reiterato, la messa a disposizione di personale verso terzi.
La circolare risolve invece con taglio operativo la questione del “nesso diretto”: quando il distacco o prestito di personale è remunerato, a prescindere dall’ammontare del corrispettivo, si presume l’esistenza del sinallagma, con conseguente imponibilità ai fini IVA. L’unica ipotesi estranea al campo IVA resta quella in cui la prestazione sia resa in forma del tutto gratuita.
I chiarimenti più attesi riguardano senza dubbio la decorrenza delle nuove regole: secondo quanto precisato dall’Agenzia, la nuova disciplina si applica ai contratti stipulati o rinnovati a partire dal 1° gennaio 2025, compresi i rinnovi taciti. Sembra tutto chiaro e lineare. Tuttavia, non si può non sottolineare l’ambiguità insita nella nozione stessa di “rinnovo”, che la circolare estende anche alle ipotesi di proroga tacita. Una proroga automatica, la prosecuzione di fatto, una semplice comunicazione interna potrebbero, secondo l’interpretazione dell’amministrazione, costituire un rinnovo idoneo ad attrarre il contratto nella nuova disciplina, qualora intervenuti dopo il 1° gennaio 2025. In assenza di una documentazione contrattuale chiara, i contribuenti si trovano esposti al pericolo che rapporti in essere da anni vengano riclassificati sotto la lente della nuova normativa, con possibili effetti retroattivi di fatto, pur a fronte di una norma formalmente prospettica.
Ancora più problematica appare l’applicazione nei settori della pubblica amministrazione e del terzo settore. Il principio che distingue tra distacco imponibile e messa a disposizione gratuita è, in teoria, lineare. Ma nella prassi degli enti pubblici e non commerciali — dove è diffusa la cooperazione tra articolazioni territoriali, le convenzioni istituzionali, gli avvalimenti e gli accordi di programma — la linea di demarcazione tra corrispettivo e contributo si fa incerta. Anche in presenza di un semplice rimborso spese, può essere contestato il carattere oneroso dell’operazione, o viceversa si potrebbe assoggettare ad IVA una cooperazione istituzionale sulla base di elementi economici marginali. Il rischio di disomogeneità applicativa, in questo contesto, è elevato.
In sintesi, la circolare recepisce il nuovo principio per cui il pagamento di qualunque ammontare determina l’onerosità della prestazione e quindi la sua imponibilità IVA, ma al contempo introduce e conferma distinzioni cruciali basate sulla natura del soggetto distaccante (se ente non commerciale e in quale ambito agisce), sulla specifica forma giuridica della collaborazione (co-datorialità), e sulla necessità di qualificare attentamente i flussi finanziari (avvalimento tra PA). Queste distinzioni, sebbene mirate a fornire chiarezza, richiedono un'analisi dettagliata caso per caso che può effettivamente rendere l'applicazione pratica complessa e potenzialmente disomogenea nei settori indicati.