Etimologicamente derivante da dipendere, il significato della parola “dipendenza” si riconduce principalmente proprio al “dipendere”, all’essere “dipendente” da qualcuno o da qualcosa.
In ambito lavorativo, la definizione può toccare, in maniera diretta o indiretta, a seconda del ruolo svolto. Si parla quindi dell’essere “dipendente” in riferimento al lavoratore; o dell’avere qualcuno alle proprie “dipendenze” alludendo invece al datore di lavoro.
Il termine “dépendance”, tradotto alla francese, assume invece una connotazione concreta quando è riconducibile alle pertinenze fisiche di un edificio.
La parola viene usata inoltre in fisica e in matematica, ma anche nella medicina e nelle scienze sociali. Infatti, l’assuefazione all’uso di sostanze quali alcol, droghe o farmaci psicotropi, origina gravi “dipendenze”, la cui astinenza può indurre pesanti reazioni fisiche e psicologiche, da affrontare con impegnativi percorsi di cura spesso non risolutivi.
Ulteriormente, il concetto di “dipendenza” affettiva assume particolare significato se interpretato secondo le dinamiche della psicanalisi freudiana.
Nel mondo odierno, l’idea di una possibile “dipendenza” derivante dalle nuove tecnologie, come quella digitale e di internet, rientrerebbe nella categoria delle “dipendenze” comportamentali. Purtroppo, l’abuso patologico dei dispositivi elettronici rischia di non essere percepito come tale e, di conseguenza, potrebbe essere trascurato anche agli occhi delle persone più vicine. In realtà, studi sempre più specifici ne sottolineano il plausibile impatto sulla salute e sul benessere della persona.
Gli effetti neurologici dei device e i disturbi del comportamento da essi causati in età pediatrica, giovanile e adulta, avrebbero infatti una portata rilevante anche in fatto di eventuali conseguenze future.
Rosanna Chifari, autrice di numerose pubblicazioni scientifiche, nonché nota neurologa e ricercatrice universitaria, mette in guardia dall’uso scorretto delle tecnologie digitali. Durante le sue conferenze, spiega quali possono essere gli effetti collaterali – con particolare attenzione a bambini e ragazzi – dovuti appunto all’uso eccessivo di queste ultime. La “dipendenza” da internet provocherebbe infatti modificazioni o anomalie metaboliche e cerebrali (come l’alterazione del volume della sostanza grigia o la riduzione dello spessore della corteccia) e dell’umore, le cui diverse conseguenze negative, avrebbero un considerevole impatto sulla salute psicofisica soprattutto nei più giovani. Ansia, depressione, diminuzione dell’autocontrollo e dell’autostima, FOMO (Fear of Missing Out), cioè, “paura di essere tagliati fuori”; sarebbero solo alcuni dei danni legati all’abuso dei dispositivi elettronici. L’esecuzione di test neuropsicologici segnalerebbe anche un deterioramento cognitivo, collegato all’eccessivo uso dello smartphone, in relazione alla riduzione della memoria, all’aumento dell’impulsività e di alcuni disturbi comportamentali. La tendenza a “pensare di meno” porterebbe inoltre ad una diminuzione del pensiero critico ed analitico, con una conseguente e irrazionale conformazione alla “coscienza collettiva” (hive mind).
Restando in ambito comportamentale, disturbi alienanti come quello chiamato “Hikikomori”, rappresenterebbero uno degli apici del danneggiamento della sfera psicologia e sociale, dell’individuo. Ancor più, non andrebbe quindi sottovalutato il fatto che le “dipendenze” tecnologiche possono influenzare negativamente anche la salute fisica. Disturbi del sonno e mal di testa sono fra i fastidi più frequenti e che contribuiscono ad aggravare i livelli di stress; mentre, passando troppo tempo immobili davanti allo schermo, l’alimentazione e la mancanza di esercizio fisico concorrono inevitabilmente all’aumento di peso ed a precoci dolori alla colonna vertebrale, innescati anche dalla postura fissa. Si segnala altresì un collegamento fra l’uso eccessivo di alcuni dispositivi digitali e l’insorgere della sindrome del tunnel carpale.
È intuibile che risulterebbe necessario, o perlomeno auspicabile, trovare un equilibrio tra gli impatti negativi e positivi della tecnologia. Inoltre, conoscere i meccanismi cerebrali alla base delle “dipendenze” darebbe l’opportunità di creare dei programmi preventivi, basati sul potenziamento dei fattori protettivi, che aiuterebbero i giovanissimi a sviluppare maggiore consapevolezza in questo senso.