Derivazione rafforzata e correzione degli errori contabili: il fisco guarda al bilancio
di Barbara Marini
Il decreto correttivo approvato in via preliminare il 14 luglio 2025 dal Consiglio dei Ministri introduce alcune rilevanti modifiche nella disciplina del reddito d'impresa: da un lato, amplia l'ambito soggettivo della “derivazione rafforzata” includendo anche le microimprese che redigono il bilancio in forma abbreviata; dall'altro, ridefinisce il regime fiscale delle correzioni di errori contabili, limitando l'applicazione della disciplina semplificata ai soli errori non rilevanti e tracciando un confine più netto rispetto agli obblighi dichiarativi.
La prima delle due modifiche menzionate riguarda proprio l’estensione dell’ambito soggettivo della derivazione rafforzata. Come noto, tale principio consente la determinazione del reddito d'impresa sulla base dei criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione adottati in bilancio, secondo i principi contabili rilevanti per il soggetto. Sinora, le microimprese (articolo 2435-ter c.c.) erano escluse da tale beneficio salvo che optassero per la redazione del bilancio in forma ordinaria. Lo schema correttivo modifica l'articolo 83 del Tuir per includere tra i soggetti ammessi alla derivazione rafforzata anche le microimprese che, pur restando formalmente tali, redigono il bilancio in forma abbreviata (articolo 2435-bis c.c.), rinunciando quindi alle semplificazioni minime previste per il bilancio micro. Si tratta di un ampliamento coerente con il disegno di avvicinare il più possibile i valori fiscali a quelli civilistici, eliminando distorsioni derivanti da scelte redazionali che non riflettono la sostanza economica delle operazioni. Il legislatore riconosce, in sostanza, che anche le microimprese possono adottare standard contabili sufficientemente rigorosi da giustificare l'applicazione della derivazione rafforzata. Tra gli effetti pratici di tale estensione vi è, ad esempio, la possibilità per queste imprese di accedere al nuovo regime semplificato di correzione degli errori contabili non rilevanti, introdotto dallo stesso decreto correttivo mediante l’inserimento del comma 1-ter all’articolo 83 del Tuir.
In questo stesso contesto normativo si inserisce, con portata autonoma ma complementare, anche la riscrittura del regime fiscale degli errori contabili, tema già oggetto di precedenti interventi normativi (DL 73/2022) e da tempo al centro di interrogativi applicativi. La nuova disposizione, applicabile alle correzioni di errori contabili effettuate negli esercizi aventi inizio dal 1° gennaio 2025, riguarda esclusivamente i soggetti che sottopongono il proprio bilancio d’esercizio a revisione legale dei conti. Il nuovo articolo 83, comma 1-ter, Tuir, chiarisce che la possibilità di correggere un errore direttamente in bilancio con effetti fiscali immediati è limitata ai soli errori “non rilevanti”. Per tutti gli altri (ovvero gli errori rilevanti, secondo le definizioni fornite dall'OIC 29), resta l'onere della dichiarazione integrativa.
Il discrimine tra errore rilevante e non rilevante, come precisato dall'OIC 29, risiede nella potenziale influenza dell'errore sulle decisioni economiche degli utilizzatori del bilancio, considerando natura, entità e contesto. La rilevanza contabile si traduce così in un diverso regime fiscale: l'errore rilevante deve essere rettificato retroattivamente con impatto sul patrimonio netto, e la relativa correzione deve riflettersi in una dichiarazione integrativa fiscale.
Per contro, gli errori non rilevanti possono essere corretti a conto economico nell'esercizio in cui vengono rilevati, inclusi quelli che determinano una diversa quantificazione, per eccesso o per difetto, di poste economiche o patrimoniali. Va però sottolineato che la possibilità di far valere fiscalmente tali correzioni senza ricorrere all'integrativa è subordinata a due condizioni cumulative: 1) che la correzione avvenga entro la chiusura dell'esercizio successivo a quello in cui l'errore è stato commesso; 2) che non siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività di accertamento delle quali l'impresa abbia avuto formale conoscenza.
Restano ovviamente escluse dalla semplificazione le ipotesi connotate da intenti fraudolenti.
Alla luce delle novità normative, appare senz’altro opportuno fornire adeguata evidenza in nota integrativa delle correzioni di errori contabili non rilevanti che, ad esempio, comportino nel bilancio dell’esercizio n+1 il riconoscimento di componenti negativi riferibili all’anno precedente. Una simile precisazione potrà infatti rivelarsi utile, in sede di eventuale controllo, per chiarire, anche a distanza di anni, le ragioni della deducibilità fiscale di un costo non imputato per competenza.
In definitiva, il superamento dell’obbligo di dichiarazione integrativa per la correzione degli errori contabili (non rilevanti) rappresenta un significativo progresso sotto il profilo della semplificazione: evita la proliferazione di dichiarazioni per la medesima annualità, scongiura l’applicazione di sanzioni per infedeltà dichiarativa e previene la riapertura dei termini di accertamento sul reddito oggetto di integrazione.
Nel loro insieme, le novità introdotte dallo schema di decreto confermano la direzione di marcia tracciata dalla riforma fiscale: privilegiare la coerenza tra contabilità e fisco, ridurre il peso degli adempimenti formali e favorire la certezza del diritto.