Dazi Usa, le imprese italiane alla ricerca di mercati diversi
di Pierpaolo Molinengo
Le aziende italiane si stanno attrezzando per difendersi dai dazi statunitensi. O quanto meno per non farsi trovare completamente e totalmente impreparate. Da quanto risulta da una recente analisi effettuata dal Centro Studi Tagliacarne e da Unioncamere, emerge che le vendite delle aziende italiane negli Stati Uniti rappresentano una quota indubbiamente importante del nostro export.
In un contesto nel quale il mercato statunitense è importante, la capacità di diversificare delle aziende italiane potrebbe costituire uno dei pilastri sui quali poggiare la crescita nel corso dei prossimi anni. E, perché no, riuscire anche a contenere il peso delle barriere economiche introdotte dall’amministrazione guidata da Donald Trump.
Quale sarà l’effetto dei dazi sulle imprese italiane
Stando all’analisi effettuata da Unioncamere in collaborazione con il Centro Studi Tagliacarne, il primo effetto delle barriere commerciali alzate dal governo statunitense potrebbe determinare un calo dell'export: il 56 per cento delle aziende potrebbe essere penalizzato dall’impatto determinato dalle nuove politiche. Tra gli effetti, che sarà necessario prendere in considerazione, c’è l’aumento dei costi di approvvigionamento (secondo il 26 per cento delle aziende interpellate). A preoccupare, poi, c’è la riduzione delle vendite dei beni intermedi e di quelli semilavorati, che sono incorporati in prodotti di altri Paesi preparati per il mercato statunitense.
Un’impresa su cinque - stiamo parlando, quindi, del 19 per cento dei casi - teme un aumento della concorrenza delle imprese, che potrebbe essere interessata a spostare il proprio mercato dagli Usa a quello europeo,
Ad ogni modo, almeno sette imprese su dieci non hanno intenzione di rimanere con le mani nelle mani, ma sono pronte a rispondere. Hanno intenzione, infatti, di:
● aumentare i prezzi di vendita: l’ipotesi è stata dichiarata dal 33 per cento delle aziende;
● altre imprese hanno affermato di essere alla ricerca di nuovi mercati all’interno dell’Unione europea (nel 25 per cento dei casi) o extra-UE (18 per cento);
● alcune aziende sarebbero disposte ad aumentare o spostare la produzione negli Usa (lo dichiara il 3 per cento).
Quali sono i rapporti economici con gli Usa
L’export verso gli Stati Uniti è una voce importante per le aziende italiane. A livello europeo la quota delle imprese italiane che esportano verso gli Usa è una delle più alte (22,3 per cento). Il nostro Paese viene subito dopo:
● l’Irlanda: 26,7 per cento;
● la Francia: 22,6 per cento.
L’Italia risulta essere al terzo posto per valore dell’export delle imprese, con un importo che, nel corso del 2024, ha raggiunto quota 65 miliardi di euro verso gli Usa. Cifra che sfiora il 10,8 per cento dell’export totale nostrano. Dando uno sguardo al fatturato delle aziende italiane generato dall’export, il 2,9 per cento è generato dall’export verso gli Stati Uniti. A livello provinciale si sono registrati dei picchi notevoli. A brillare, in questo senso, è Trieste, dove il 36,2 per cento del fatturato delle imprese è generato dall'export verso gli Stati Uniti. Seguono:
● L’Aquila: 17,6 per cento;
● Isernia: 16 per cento;
● Grosseto: 12,1 per cento;
● Massa Carrara: 8,5 per cento;
● Rieti: 8,1 per cento;
● Sassari: 7,6 per cento;
● Modena: 6,9 per cento;
● Latina: 6,6 per cento;
● Ferrara: 5,2 per cento.
I mercati di sbocco delle imprese
Nel corso degli anni le imprese italiane sono riuscite a diversificare i mercati di sbocco, in modo da riuscire ad affrontare meglio le varie turbolenze internazionali. Mediamente le aziende manifatturiere riescono ad esportare in undici mercati diversi. E più si sale al Nord, più la diversificazione aumenta: nel Nord-Ovest in media ogni impresa manifatturiera vende in 13 Paesi, nel Nord-Est in 11, al Centro in 9 e nel Mezzogiorno in 6. Quattro le province da record - Reggio Emilia, Vercelli, Bologna e Ravenna -, in cui la media dei Paesi di esportazione per ogni impresa manifatturiera è tra i 15 e i 17.
“Il 43 per cento delle imprese interpellate da una analisi di Ipsos resa nota oggi è convinto che la Camera di commercio possa offrire un valido supporto nell’accesso ai mercati esteri e quasi la metà pensa che le Camere di Commercio possano continuare ad essere un punto di riferimento per affrontare le sfide future - ha sottolineato Andrea Prete, presidente di Unioncamere -. Soprattutto le imprese di piccola dimensione vanno aiutate visto che, secondo le nostre stime, oltre 7 miliardi di euro di export aggiuntivo potrebbero venire proprio da queste”.