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Diritto

Dammi oggi il TFR quotidiano: quando la liquidazione diventa una tentazione mensile

di Stefania Duzzi

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Blast
dic 02, 2025
∙ A pagamento

Nell’Italia dei salari bassi e dei contratti a termine, il trattamento di fine rapporto sembra più un miraggio che una certezza.

Ma chi spera di riceverlo ogni mese in busta paga dovrà mettersi il cuore in pace: la legge lo vieta e l’Ispettorato Nazionale del Lavoro, insieme alla Cassazione, ha chiuso definitivamente la questione.

Dal “gruzzolo di fine carriera” al sogno del TFR in busta paga

Per decenni il trattamento di fine rapporto (TFR) ha rappresentato una sorta di “liquidazione di vita lavorativa”: un risparmio forzoso da incassare al termine del rapporto di lavoro, pensato per offrire stabilità economica dopo la pensione.
Oggi, però, le regole del gioco sono cambiate: contratti brevi, inflazione e stipendi che arrancano hanno reso quel capitale differito una tentazione sempre più forte.
E così, in molte aziende, è nata l’idea di anticipare il TFR ogni mese, quasi fosse una piccola boccata d’ossigeno in busta paga.
Un’idea comprensibile, ma – come spesso accade – non compatibile con il diritto del lavoro.

La legge non scherza: “Il TFR si accantona, non si spende”

L’articolo 2120 del Codice civile parla chiaro: il TFR è una retribuzione differita, da liquidare alla fine del rapporto.
Sono previste solo anticipazioni straordinarie – per spese sanitarie importanti, l’acquisto della prima casa o specifici congedi – e mai in modo ricorrente.

L’unico spiraglio, temporaneo, è stato quello tra il 2015 e il 2018, quando una norma sperimentale consentì ai lavoratori del settore privato di ricevere il TFR in busta paga come “Quota integrativa della retribuzione”.
Ma quella parentesi è finita da tempo: oggi ogni erogazione periodica del TFR è vietata, anche se il lavoratore lo chiede e l’azienda acconsente.

La nota dell’INL: “Quel TFR mensile? È solo uno stipendio travestito”

Con la nota n. 616 del 3 aprile 2025, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha messo i puntini sulle “i”: il TFR pagato ogni mese non è un anticipo, ma una retribuzione camuffata.
L’Ispettorato chiarisce che un simile meccanismo svuoterebbe la funzione stessa dell’istituto, nato per garantire al lavoratore un supporto economico dopo la cessazione del rapporto.

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