Dall’arte digitale al mercato delle illusioni: il vero ruolo degli NFT
di Alberto Ferrari
Negli ultimi anni, il mercato degli NFT (Non-Fungible Token) ha vissuto una fase di crescita esplosiva seguita da un significativo declino. Dopo aver raggiunto un picco nel 2021, con vendite settimanali che superavano i 2,8 miliardi di dollari, il volume delle transazioni è diminuito drasticamente, registrando un calo del 97 per cento entro il 2023.
Piattaforme come OpenSea, leader nel commercio di NFT, hanno visto il loro volume mensile di scambi scendere da 6 miliardi di dollari nel gennaio 2022 a meno di 430 milioni di dollari nel luglio 2024.
Nonostante questo declino, gli NFT continuano a essere utilizzati in vari settori, tra cui arte digitale, collezionismo, moda e gaming. Tuttavia, la sovrasaturazione del mercato ha portato a una situazione in cui circa il 98 per cento delle collezioni di NFT ha registrato attività di trading minima o nulla, e solo lo 0,2 per cento delle emissioni di NFT è stato redditizio.
Dopo le criptovalute, gli NFT rappresentano uno dei primi utilizzi di successo della blockchain, rispondendo a un’esigenza concreta del mercato della grafica digitale. Nel mondo della cybergraphic, gli artisti creano opere iconografiche che non hanno un supporto materiale, esistendo esclusivamente in formato digitale. Tuttavia, il grande limite della creazione digitale è sempre stato la sua natura intrinsecamente replicabile: un file può essere copiato, scaricato e condiviso infinite volte, senza che vi sia un modo per distinguere l’originale da una copia.
Gli NFT hanno introdotto una soluzione a questo problema, permettendo di associare a un’opera un certificato unico e verificabile su blockchain, garantendo così la possibilità di identificare il vero autore e di creare un mercato basato sulla scarsità digitale. Questo ha permesso di riconoscere merito e valore ai creatori, ampliando al contempo le opportunità di monetizzazione grazie alla programmabilità degli smart contract. Attraverso la blockchain, è possibile implementare meccanismi di revenue sharing e royalties, consentendo agli artisti di ricevere automaticamente una percentuale sulle vendite successive delle proprie opere (o, più precisamente, della dimostrazione di proprietà dell’opera associata al NFT).
Questo sistema di remunerazione automatizzata in criptovaluta rappresenta un esempio concreto delle potenzialità della blockchain nell’ambito della creatività digitale, e ha aperto nuovi scenari per il mercato dell’arte e della proprietà intellettuale.
Con l’utilizzo degli NFT la prospettiva è cambiata: non si attribuisce più valore al possesso dell’opera in sé (che può essere facilmente duplicata), ma alla prova di esserne il legittimo proprietario. Non importa se l’opera verrà utilizzata da altri o persino distrutta; ciò che conta è il valore attribuito alla dimostrazione della proprietà, più che all’oggetto stesso, alla stregua di un marchio sociale, di uno status symbol, di un attestato di appartenenza e di un riconoscimento all’interno di un determinato ecosistema digitale. È questo ecosistema digitale, supportato da una community – spesso, ma non solo, legata al marketplace – che ne attribuisce valore e fiducia, in modo simile a quanto accade nel mercato delle criptovalute. Più ci si sposta verso il mondo crypto, più il concetto di valore diventa fiduciario, ossia basato sulla percezione collettiva della community in cui si opera.
In questo contesto digitale, di cybergraphic, collezionismo, e gaming, gli NFT trovano il loro “senso” risolvendo bisogni concreti e creando nuove opportunità di business sfruttando la blockchain, anche se il problema dell’autenticità rimane centrale: possedere un NFT non è di per sé una garanzia assoluta di autenticità, poiché l’oggetto digitale collegato è accessibile a tutti e chiunque potrebbe generarne un hash, registrarlo su blockchain e dichiararne la paternità. Ne sono esempi concreti la vendita non autorizzata delle opere dell’artista Qing Han nel 2020 e il caso dell’NFT fasullo attribuito a Banksy nel 2021. In definitiva, è sempre necessario un garante che ne certifichi l’originalità, che sia l’autore dell’opera (finché in vita), una casa d’aste o un altro intermediario riconosciuto.
Da una parte l’utilizzo dell’NFT in marketplace come OpenSea o Rarible evidenzia uno degli ambiti in cui la blockchain esprime al meglio il suo potenziale: la possibilità di scambiare asset in modo rapido e senza intermediari. Tuttavia, rimangono le problematiche più volte evidenziate quando si passa dai crypto-asset (o native digital assets) agli asset reali (digitali o fisici): l’uso degli NFT come titoli legali o certificati di proprietà di un bene non può prescindere dalla presenza di un intermediario, poiché l’ampiamente discussa caratteristica di disintermediazione della blockchain si applica esclusivamente al trasferimento di valore, ma non alla garanzia di paternità o autenticità dell’asset sottostante.