Dalla scuola tennis all'economia del domani: una rivoluzione possibile?
di Giuseppe Mogliani
Cosa ci insegna l’ascesa di Jannik Sinner, Jasmine Paolini, Lorenzo Musetti e degli altri protagonisti della rinascita tennistica italiana? Siamo dinanzi a un successo sportivo, senza dubbio. Ma sarebbe riduttivo leggerlo solo nella cornice del risultato. Dietro quei colpi millimetrici, dietro quella compostezza emotiva e quella dedizione quasi ascetica, si cela un paradigma pedagogico, sistemico, e in fondo anche politico.
Non è forse il tennis una sorta di danza all’interno di un preciso schema geometrico? E, allora, perché non immaginare che l'intelligenza collettiva che ha reso possibile questa esplosione di talenti non possa anche ispirare un progetto economico capace di rinnovare l'Italia nel profondo?
Una rivoluzione silenziosa: la scuola tennis italiana
Negli ultimi dieci anni, il tennis italiano ha conosciuto una trasformazione silenziosa ma radicale. Il metodo federale, sviluppato e perfezionato da tecnici come Riccardo Piatti, Vincenzo Santopadre, Simone Vagnozzi, si è fondato su un approccio multidimensionale: lavoro fisico e mentale, cultura della resilienza, attenzione meticolosa al dettaglio e, soprattutto, formazione sin dall’infanzia in ambienti cognitivamente stimolanti.
Questo metodo, lontano dalle derive iper-competitive anglosassoni ma anche dalla dispersione mediterranea, ha costruito un ecosistema: centri federali, scouting precoce, cooperazione tra pubblico e privato, meritocrazia temperata da etica della responsabilità. Un modello, insomma, che richiama un'educazione totale, in cui l’agonismo non è mai fine a sé stesso, ma dispositivo per il miglioramento.
L'economia italiana tra stagnazione e necessità di rifondazione
Mentre il tennis nazionale rinasce, l'economia italiana sembra languire. Crescita asfittica, produttività stagnante, debito pubblico cronico. A ciò si aggiungono le disuguaglianze crescenti, la fragilità del sistema produttivo, l'incapacità di valorizzare i giovani. In questo contesto, la domanda è inevitabile: possiamo trarre ispirazione da quanto avvenuto nel tennis per ripensare le nostre istituzioni economiche?
Non si tratta di un esercizio retorico. Come osservava Joseph Schumpeter, "l’innovazione è distruzione creatrice": ogni sistema che aspiri a rigenerarsi deve accettare di infrangere i suoi vecchi idoli. L’Italia, oggi, ha bisogno di una pedagogia dell’innovazione. Non bastano le riforme congiunturali, è necessaria una trasformazione etica.
Dal gesto tecnico al gesto economico
Cosa caratterizza il metodo della scuola tennis italiana e come può essere trasposto in ambito economico?
Centralità della formazione: il tennis italiano ha investito nel talento sin dall'infanzia, curando ogni fase dello sviluppo. Perché l'economia italiana continua a trascurare l'istruzione tecnica, la ricerca applicata, la valorizzazione delle competenze soft? Non è forse questa la radice del nostro deficit competitivo?
Meritocrazia selettiva ma etica: il tennis non è una democrazia, ma premia chi lavora e migliora. Tuttavia, lo fa in ambienti protetti, con tutoraggi, con percorsi personalizzati. In economia, la meritocrazia è spesso evocata in modo ideologico: chi ha talento è lasciato solo; chi fallisce è colpevolizzato. Serve invece una meritocrazia inclusiva.
Infrastrutture sistemiche: i centri federali sono stati il cuore della trasformazione tennistica. E nell'economia? Dove sono i "centri federali" per l’innovazione industriale, per la transizione ecologica, per l’economia digitale? Una rivoluzione richiede luoghi, strutture, reti. Non si genera complessità dal vuoto.
Lavoro sul tempo lungo: nessun campione nasce in una stagione. Serve progettualità, visione, pazienza. Il sistema economico italiano è invece schiavo del breve termine, del consenso elettorale, della finanziarizzazione. Non è forse tempo di tornare, come diceva Keynes, a "pensare come amministratori di un patrimonio per la prossima generazione"?
Il diritto come cornice e motore di trasformazione
Ogni modello necessita di una struttura giuridica coerente. Il successo della scuola tennis italiana si è avvalso di regolamenti federali innovativi, di contratti formativi flessibili ma garantiti, di partenariati pubblico-privati. Analogamente, una rivoluzione economica richiede una riforma del diritto del lavoro, del diritto societario, del diritto fiscale.
La domanda di fondo resta: è possibile un diritto che non sia solo tecnica, ma anche etica della promozione? In tale prospettiva, la Costituzione italiana può tornare a essere guida, non reliquia: la promozione della persona (articolo 3), la valorizzazione del lavoro (articolo 1), l'utilità sociale dell'impresa (articolo 41) non sono parole vuote, ma principi operativi.
Ma come si insegna l'economia di domani? È possibile un modello educativo che coniughi disciplina e creatività, rigore e immaginazione? Come nel tennis, la ripetizione del gesto tecnico non è fine a sé stessa ma porta all'internalizzazione di un codice simbolico. Anche l'economia necessita di un'ermeneutica del gesto: saper leggere il mercato, saper interpretare la domanda, saper innovare il prodotto.
Non si tratta più solo di formare esperti, ma di educare artigiani dell’intelligenza sistemica. Il sapere economico, oggi, non può prescindere dalla contaminazione interdisciplinare: sociologia, psicologia cognitiva, filosofia morale, diritto comparato.
Il tennis ci insegna che ogni vittoria è sempre il risultato di un sistema invisibile. Il colpo vincente non è mai solo talento ma frutto di migliaia di ore, di reti educative, di equilibri psicologici. Allo stesso modo, ogni innovazione economica è sempre l’esito di un contesto che l’ha resa possibile.
Se vogliamo che l’Italia torni a primeggiare, dobbiamo smettere di cercare salvatori e iniziare a costruire ecosistemi. Non eroi ma metodi. Non miracoli ma percorsi.
E allora, la domanda che inquieta e motiva è: è possibile applicare una logica pedagogica all’economia politica? È pensabile un futuro in cui l'impresa sia scuola, il fisco sia incentivo al talento, il diritto sia guida alla trasformazione e non vincolo paralizzante?
In fondo, ogni sistema economico è una narrazione condivisa. Sta a noi scegliere se scriverla con i paradigmi della paura o con quelli della possibilità.
La scuola tennis italiana ci ha dimostrato che, con visione e metodo, anche l'impossibile può diventare realtà. Ora spetta all'economia, al diritto, alla politica, rispondere alla stessa sfida.