Il senso comune percepisce l’idea di Università come un investimento sul futuro, capace di aprire le porte a migliori opportunità professionali e remunerative - almeno in linea teorica.
Accanto a questa visione teleologica, il percorso universitario è spesso considerato anche come un’occasione di crescita personale, di ampliamento delle proprie competenze e di messa alla prova.
Nella prospettiva di investimento per il futuro, si inserisce il riscatto della laurea, l’istituto che consente di trasformare gli anni di studio in un vantaggio previdenziale. Che proprio in questi giorni è tornato al centro dell’attenzione politica e pubblica.
Una proposta alla Legge di Bilancio 2026 prevedeva, infatti, una stretta significativa, che ha immediatamente causato una pioggia di critiche. La reazione è stata tale da scatenare un vero e proprio temporale, tanto che nel giro di poche ore, prima le dichiarazioni ne hanno ridimensionato la portata, poi un colpo di penna ha cancellato la stretta.
Iniziando dall’epilogo della vicenda, vale la pena ripercorrere le tappe e, più in generale, riflettere su un istituto che sulla carta merita un otto pieno, ma che nella pratica fatica comunque a superare la sufficienza.
Cos’è che ha scatenato il cortocircuito?



