Crediti d’imposta non spettanti e inesistenti: dall’atto di indirizzo si intravede il distinguo
Di Dario Deotto e Luigi Lovecchio
Più volte siamo intervenuti per stigmatizzare la nuova previsione sanzionatoria – attuativa della legge delega di riforma fiscale – relativa al distinguo tra crediti d’imposta non spettanti e inesistenti.
Si può ben affermare che l’errore di fondo (al di là della, comunque, contorta previsione normativa) sta nel fatto di avere voluto individuare, ex lege, sia quando il credito si intende inesistente sia quando – sempre ex lege – lo si ritiene non spettante. Mentre – chiaramente – la scelta doveva essere quella di determinare per esclusione i crediti ritenuti non spettanti, una volta specificati i presupposti per i quali i medesimi crediti si ritengono inesistenti (con la conseguenza di una serie di inasprimenti sanzionatori e decadenziali).
Ad ogni modo, come è noto, sulla tematica è intervenuto l’atto di indirizzo del 1° luglio del ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha cercato, comunque nelle linee generali, di dirimere qualche dubbio. Certamente ci è riuscito per quanto concerne la vicenda dei “manuali tecnici”, però molte questioni rimangono ancora aperte.
Quella fondamentale è la comprensione di quando il credito si possa effettivamente ritenere inesistente e quando non spettante. Tralasciando il dettato normativo che – davvero – può portare a sostenere “tutto e il contrario di tutto” (e ciò rende l’idea del punto di non ritorno in cui si è giunti nella redazione delle norme tributarie italiane), possiamo in qualche modo “tradurre” ciò che – a bocce ferme – emerge tra le righe dell’atto di indirizzo.
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