Corte Costituzionale e Cassazione chiariscono i confini delle richieste documentali
di Stefano Ricca
In un precedente articolo avevo analizzato la sentenza della Corte Costituzionale n. 137 del 28 luglio 2025 sul tema delle preclusioni istruttorie e dei limiti alle richieste documentali dell’Amministrazione finanziaria. Il 15 settembre 2025 la Cassazione penale, con la sentenza n. 30773, ha aggiunto un tassello importante sul tema. Le due decisioni, lette insieme, ridefiniscono il perimetro delle richieste documentali: cosa il contribuente è obbligato a produrre e cosa può legittimamente rifiutare di duplicare.
La Consulta aveva affrontato il tema delle preclusioni istruttorie previste dall’articolo 32 del DPR 600/1973, introducendo un principio chiave: l’Amministrazione non può pretendere dal contribuente documenti che sono già nella sua piena disponibilità. L’esempio più evidente sono le fatture elettroniche, tutte transitate e conservate nella banca dati SDI dell’Agenzia. La ratio è semplice: le richieste devono essere mirate a ciò che l’ufficio non ha o non può autonomamente acquisire. Chiedere la produzione di documenti già negli archivi pubblici è una duplicazione inutile che la Consulta ritiene non compatibile con il principio di collaborazione. Conseguenza pratica: il contribuente può eccepire l’inutilità della richiesta quando riguarda documenti già nelle banche dati dell’Amministrazione, offrendo invece una collaborazione qualificata attraverso chiavi di ricerca, periodi, sezionali, senza dover riversare duplicati di massa.
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