Corso formativo per certificare il TCF con molte incognite (specie per i commercialisti)
di Dario Deotto e Luigi Lovecchio
Percorsi formativi (gli ennesimi) dai vaghi contorni quelli relativi alla nuova certificazione richiesta ai fini del TCF (Tax Control Framework). Con esenzioni (dagli stessi percorsi) consentite in gran parte al mondo accademico, svalutando così le conoscenze di quello professionale.
L’11 aprile scorso è stato reso noto il protocollo d’intesa tra i Consigli Nazionali degli Avvocati e dei Dottori Commercialisti, l’Agenzia delle Entrate e il Ministero delle finanze, con il quale sono state individuate le regole per ottenere l’iscrizione nell’elenco dei professionisti abilitati a certificare il Tax Control Framework, che rappresenta la “condizione” sia per l’ingresso al regime dell’adempimento collaborativo sia per beneficiare, su base opzionale, dei vantaggi previsti nell’articolo 7-bis, Dlgs 128/2015, in termini di esimenti, a determinate condizioni, da sanzioni amministrative e penali.
Dalla lettura del regolamento, si ricava che il percorso formativo si articola in tre moduli, di complessive 80 ore, aventi ad oggetto:
a) i sistemi di controllo interno e di gestione dei rischi;
b) i principi contabili;
c) il diritto tributario.
Vi sono delle esenzioni, per così dire, assolute (punto 4 del protocollo), che riguardano i soggetti che sono stati coinvolti in precedenza nell’elaborazione del TCF o nella gestione del rischio fiscale in società in regime di adempimento collaborativo e talune categorie di professori universitari che abbiano anche un’anzianità minima di iscrizione negli albi professionali degli avvocati e dei dottori commercialisti.
Poi vi sono delle esenzioni per materie, che invece riguardano attengono ad alcune figure professionali in possesso di specializzazioni in taluni dei tre ambiti di svolgimento dei corsi di formazione e che pertanto sono esonerati solo dalla partecipazione a uno o più dei moduli suddetti (come nel caso dei dottori commercialisti per il modulo relativo ai principi contabili).
Per quanto concerne il diritto tributario, sorprende il fatto che la frequentazione di corsi avanzati come pure lo svolgimento di docenze o la produzione di testi scientifici nella materia non sia stata in alcun modo valorizzata, al di fuori del perimetro universitario.
Tra l’altro, colpisce anche il fatto della limitatezza del numero di ore complessive dedicate allo stesso diritto tributario (di fatto, 20). Così, è lecito interrogarsi se il modulo sarà dedicato esclusivamente alle implicazioni fiscali del TCF e dell’adempimento collaborativo oppure anche ad altri aspetti della fiscalità. In tale ultima eventualità, considerata la vastità della materia tributaria, il percorso risulterebbe del tutto inutile. Ecco perché è da auspicare che il modulo sia interamente dedicato alle implicazioni fiscali del TCF. D’altronde, in questo senso depone anche l’estrema selettività nella individuazione dei soggetti esonerati dall’obbligo della frequenza dei corsi, in particolare con riferimento ai soggetti che hanno avuto già formale incarico di progettazione, realizzazione e sviluppo del TCF o che abbiano cooperato per almeno cinque anni, in qualità di responsabili dei rischi fiscali delle imprese in adempimento collaborativo.
Ad ogni modo, anche tutto ciò considerato, resta la perplessità sul fatto che, in termini generali, perlomeno per i dottori commercialisti, non sia stata resa obbligatoria la sola partecipazione al modulo dei sistemi di controllo interno e di gestione dei rischi (che hanno una durata minima di almeno 40 ore).