“Corpo di mille numi!” esclamerebbe zio Paperone in una delle sue più divertenti esternazioni di meraviglia. Nel frattempo, un dubbio riguardante il “corpo” dei “non eletti” potrebbe far capolino nella nostra mente di curiosi lettori. Perché esso è forse l’unica cosa certa e tangibile che ci appartiene di diritto… o no?!
Eppure, l’individuo si palesa al mondo nella convinzione - o, chissà, nella speranza - di poter scegliere liberamente il proprio destino.
Allora, in un “corpo” che cambia, crescendo e modificandosi ancora nel corso degli anni, l’essere umano si fa strada in quello stesso universo di gioie e dolori che lo ha accolto nell’attimo in cui è nato. Qui, il suo “corpo” - meraviglioso insieme di organi in grado di funzionare, al meglio della propria meccanica e fisiologia, anche nei momenti di maggior crisi - risulterebbe indiscutibilmente essenziale per il compimento di ogni minimo gesto.
È così che, come nel più perfetto ingranaggio, ci si può muovere, districandosi attraverso i tortuosi, ma si spera non troppo, sentieri dell’esistenza, nel lasso di tempo imprecisato che quel personale “corpo” concede ad ognuno di noi.
Dal latino cŏrpus “corpo, complesso, organismo”; la parola può riferirsi in maniera generica a qualsiasi porzione limitata di materia e in seno alla fisica l’allusione andrebbe alle particelle od ai “corpuscoli” intesi come un insieme discontinuo degli elementi che la compongono.
Se nel linguaggio marinaresco accennare ad un “corpo morto” farebbe riferimento al sistema di ancoraggio, spostandoci in ambito di legge sarebbero note terminologie come “corpo legislativo” e “corpo normativo”; mentre parlare di “corpo del reato” implicherebbe un coinvolgimento penale causato dal compimento di un grave crimine.
In medicina, viene definito “corpo estraneo” un oggetto che, penetrando all’interno dell’organismo, causerebbe disturbi di diversa gravità. Ed è probabilmente il cardine dell’approccio medico l’indagare il “corpo” umano in tutte le sue più piccole sfaccettature.
Tuttavia, dove l’accurato studio delle parti che lo compongono contribuirebbe a comprenderne meglio la grande complessità, il più delle volte mancherebbe un approccio profondamente umano - e non solo tecnico - con la parte più intima in esso contenuta.
È forse l’espressione “dare corpo” ad un pensiero che aiuterebbe a capire quanto sia altrettanto rilevante e vitale, anche dal punto di vista fisiologico, il fermento di emozioni che si cela all’interno di ogni individuo.
Non stupisce quindi che la forza e la densità di un pensiero e le sensazioni da esso scaturite vadano a “toccare” anche il “corpo”: sia quello di appartenenza che quello degli interlocutori, magari per mezzo dell’esternazione verbale della parte emozionale.
Laddove la psicologia studia questi delicati ambiti mediante una rigorosa ricerca scientifica, una dottrina come la teosofia darebbe un ulteriore significato a definizioni come “corpo celeste” o “corpo astrale”, con particolare cenno all’influenza planetaria anche in merito alla formazione psicofisica dell’individuo. In tale contesto, gli studi di Rudolf Steiner, teosofo e fondatore dell’antroposofia nonché della pedagogia Waldorf, sosterrebbero inoltre il rafforzamento della conoscenza umana con l’uso di particolari tecniche di meditazione e di concentrazione attraverso cui incrementare e valorizzare l’aspetto intuitivo della persona.
Non saremmo solo “corpo” quindi, ma anche qualcos’altro. Tuttavia, siamo suoi ospiti ed è quel “corpo”, l’unico che abbiamo, che ha bisogno della nostra cura.