COOP. AGRI. TUR. v. ITALIA, un’analisi dei cinque criteri per la stretta connessione del doppio binario
di Alberto Calzolari
In due precedenti commenti si è evidenziata l’inadeguatezza degli articoli 21-bis e 21-ter del Dlgs 74/2000, introdotti con il Dlgs 87/2024, al fine di rendere il doppio binario punitivo tributario rispettoso del diritto al ne bis in idem. Si tratta di norme intrinsecamente lacunose e di problematica applicazione, ma anche se fossero state meglio strutturate non avrebbero potuto redimere il doppio binario dell’ordinamento punitivo tributario italiano.
Il rispetto dell’articolo 4P7 della CEDU (che tutela il ne bis in idem, specificandone il contenuto in termini di divieto sia sostanziale sia processuale) ha infatti come presupposto che i due binari punitivi (nel nostro ambito, quello amministrativo tributario e quello penaltributario) siano strettamente connessi sotto il profilo materiale e temporale. Questo è stato definitivamente chiarito con la sentenza resa dalla Corte EDU nella Causa A. e B. v. Norvegia del 15 novembre 2016, riguardante specificamente il doppio binario tributario. Il duplice procedimento tributario e penale non è dunque vietato in sé, a condizione che i due binari siano in un rapporto di intima connessione, ovvero che la loro duplicazione sia meramente formale, ossia giustificata dall’organizzazione ordinamentale del diritto nazionale e dalla complementarità delle risposte sanzionatorie a fronte della medesima violazione (intesa in senso sostanziale, ossia cagionata dal medesimo fatto materiale compiuto dal soggetto indagato).
La giurisprudenza della Corte EDU sul ne bis idem, successiva alla Causa A. e B., è davvero copiosa e ha chiarito in maniera esaustiva l’applicazione dei criteri che assicurano la stretta connessione dei due binari formalmente distinti, ossia i quattro parametri che devono essere rispettati al fine di garantire la connessione materiale dei procedimenti e il parametro della connessione temporale. Con essi il difensore deve familiarizzare.
Un’occasione di ripasso è offerta dall’esame di Corte EDU 3/10/2024, Decisione Cooperativa Agri. Tur. Servizi v. Italia. Essa è scaturita dal ricorso della società cooperativa, che lamentava di aver subito la violazione dell’articolo 4P7 addirittura per un triplice procedimento giudiziario instaurato nei suoi confronti a seguito di un’indagine della Guardia di Finanza. Dai rilievi mossi dalla GdF erano emerse accuse di frode ai sensi degli articoli 2 e 3 della L 689/1981, che disciplina i controlli sugli aiuti comunitari alla produzione dell’olio di oliva. In particolare, un socio della cooperativa avrebbe fittiziamente conferito 50 tonnellate di olive, ricevendo falsa attestazione dalla Coop. Agri. Tur. al fine di ricevere la sovvenzione europea. Oltre al socio, erano stati indagati il legale rappresentante di Agri. Tur. e la medesima società cooperativa, sia per la falsificazione di documenti sia per l’emissione di fatture oggettivamente inesistenti (aventi asseritamente ad oggetto la vendita dell’olio d’oliva estratto dal conferimento fittizio). Ne scaturì un accertamento tributario per la violazione degli articoli 6 e 9 del Dlgs 471/1997, con conseguente processo tributario confermativo delle contestazioni formalizzate dall’Agenzia delle Entrate, un procedimento penale nei confronti del legale rappresentante della cooperativa sia per contraffazione di documenti pubblici sia per emissione di fatture inesistenti, e un procedimento civile attivato dalla cooperativa e dal suo rappresentante legale per l’opposizione al pagamento delle sanzioni amministrative irrogate dal Dipartimento anti frodi alimentari del Ministero dell’Agricoltura (sanzioni di cui erano solidalmente responsabili Agri. Tur. e il suo rappresentante).
È importante rammentare che la Corte costituzionale, con ordinanza n. 54/2018, aveva dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità sollevata dal giudice civile di Lecce, con riferimento alla doppia sanzione, penale e amministrativa, e al conseguente doppio procedimento instaurato a seguito della asserita violazione degli articoli 2 e 3 della citata L 898/1986. L’esito di detta pronuncia deriva essenzialmente dalla “… carente e incerta motivazione dell’ordinanza di remissione ...” del Tribunale Ordinario di Lecce.
All’esito della pronuncia della Corte costituzionale, la Coop. Agri. Tur. ha presentato ricorso alla Corte EDU, contestando la violazione non solo del bis in idem (come davanti alla Consulta) ma addirittura di un ter in idem, alla luce del triplice procedimento più sopra descritto.
I giudici di Strasburgo hanno rilevato che il processo penale, terminato con l’archiviazione per intervenuta prescrizione, non può essere preso in considerazione ai fini della contestazione dell’articolo 4P7 CEDU, poiché riguardava esclusivamente la sfera giuridica del legale rappresentante, mentre il ricorso è stato presentato dalla società cooperativa. Ai fini dell’esame della asserita violazione dell’articolo 4P7, pertanto, la Corte EDU ha considerato esclusivamente la contestazione di bis in idem relativa al simultaneo svolgimento del procedimento tributario e di quello civile, in entrambi i quali era coinvolta la cooperativa ricorrente. A tali procedimenti è quindi riferita l’analisi del rispetto dei cinque criteri che definiscono la stretta connessione materiale e temporale del doppio binario.
Anzitutto la Corte ha verificato la rispondenza al primo criterio della connessione materiale, ossia se i due procedimenti punitivi rispondono a finalità differenti e complementari. La risposta è stata affermativa, considerando che il Dlgs 471/1997 ha una funzione repressiva e deterrente rispetto alle violazioni tributarie (in questo caso la documentazione e la registrazione contabile delle fatture per operazioni inesistenti) mentre le sanzioni irrogate ai sensi della L 898/1986 mirano a punire la frode nell’accesso ai contributi comunitari.
Per quanto concerne il secondo criterio della connessione materiale, i giudici di Strasburgo hanno osservato che per la società ricorrente era facilmente prevedibile, al cospetto delle imputate violazioni, che sarebbe stata assoggettata a un duplice procedimento, uno tributario e l’altro di natura civile – amministrativa. È utile osservare che, nel caso del doppio binario dell’ordinamento punitivo tributario, questo è l’unico criterio certamente rispettato, essendo da tempo positivizzate le norme che disciplinano la violazione tributaria e quella penaltributaria al cospetto del medesimo fatto materiale. Venendo al terzo criterio della connessione materiale, i giudici di Strasburgo hanno evidenziato che non possono rilevare una distinta attività di ricerca delle prove e una diversa procedura afferente alla valutazione processuale, poiché entrambi i procedimenti sono scaturiti dal medesimo Pvc della Guardia di Finanza e, mentre il processo tributario ha esaminato nel merito le contestazioni ex Dlgs 471/1997 (confermando la pretesa erariale), il processo civile è stato estinto per ragioni preliminari (in sostanza per insufficienza di prove nel collegato procedimento instaurato dal socio conferente la partita di olive incriminata).
Per quanto riguarda il quarto criterio della stretta connessione materiale, la Corte EDU ha osservato che non può riscontrare una violazione del principio di proporzionalità complessiva delle sanzioni irrogate all’esito del doppio binario, poiché il secondo procedimento è terminato senza l’irrogazione di alcuna sanzione.
Venendo infine al criterio della stretta connessione temporale, i giudici di Strasburgo hanno contemplato un esito positivo nel doppio procedimento in esame. Infatti, i due procedimenti sono stati formalizzati a distanza di pochi mesi (dopo la comunicazione del Pvc della GdF alle autorità rispettivamente competenti) e sono proseguiti in parallelo per quattro anni, fino a che la sentenza della CTP di Lecce è diventata definitiva (per mancata impugnazione). Successivamente il processo civile è durato altri cinque anni, ma questa extra durata ha trovato giustificazione nella rimessione degli atti alla Corte costituzionale (vedi la citata ordinanza n. 54/2018) e nella necessità di coordinamento con il parallelo processo relativo al socio conferente.
La Corte EDU, alla luce del simultaneo soddisfacimento di ciascuno dei cinque parametri, ha evidenziato la stretta connessione dei due procedimenti e, conseguentemente, ha dichiarato inammissibile il ricorso a causa della sua manifesta infondatezza.
Appare evidente come siano destinati ad esito ben differente i ricorsi che contestino la violazione del ne bis in idem nel doppio binario tributario. Sia bastevole l’osservazione circa l’assenza di complementarità e la sussistenza delle medesime finalità afflittive e deterrenti nella normativa tributaria e penaltributaria, entrambe volte a proteggere l’interesse erariale. Finalità coincidenti con sempre maggiore evidenza alla luce dell’evoluzione della normativa penaltributaria, nella direzione di una premialità (l’estinzione della pena o la sua significativa riduzione) tesa alla mera riscossione del debito tributario accertato in sede amministrativa. Per quanto poi concerne il grado di autonomia dei processi tributario e penale (specie riguardo alla valutazione delle prove), il meccanismo di ponderazione delle sanzioni in modo da perseguire la proporzionalità complessiva del trattamento punitivo (si veda il commento su Blast relativo all’articolo 21-ter del Dlgs 74/2000) e il grado di connessione temporale dei due procedimenti, ogni lettore è in grado di valutare autonomamente la mera occasionalità delle ipotesi di aderenza al rispettivo parametro. A legislazione vigente, è impossibile che l’intrapresa di entrambi i binari conduca a una soluzione di sostanziale unicità procedimentale e processuale. Discorso ovviamente diverso se il contribuente sceglie o riesce a percorrere unicamente un solo binario, ma il ne bis in idem è un diritto fondamentale, non un premio cui accedere a pagamento o cui pervenire grazie all’applicazione distorta del diritto alla presunzione di innocenza di cui all’articolo 21-bis del Dlgs 74/2000.