Conservazione digitale a norma: cosa sapere per evitare errori e sanzioni
di Stefano Dovier
La digitalizzazione dei processi amministrativi ha determinato la progressiva sostituzione dei documenti cartacei con quelli informatici. In questo nuovo scenario, la corretta conservazione digitale a norma diventa una funzione cruciale, oltre che un obbligo normativo, per preservare il valore legale dei documenti e garantire la sicurezza delle informazioni nel tempo.
In questo articolo approfondiamo i punti essenziali della conservazione digitale: la sua definizione, le modalità operative, i soggetti coinvolti e gli errori più comuni da evitare. Questi aspetti saranno sviluppati ulteriormente in contributi successivi, con focus su casi pratici e approfondimenti normativi.
Cos’è la conservazione a norma
La conservazione digitale a norma è un processo strutturato, definito dal Codice dell’Amministrazione Digitale (Dlgs 82/2005) e dalle Linee Guida dell’AgID (Determina n. 407/2020), che permette di garantire l’autenticità, l’integrità, la leggibilità e la reperibilità dei documenti informatici nel tempo.
Conservare a norma, quindi, non significa semplicemente archiviare dei file in un server o su cloud. Si tratta invece di un insieme di operazioni, controlli e registrazioni che mirano a preservare il valore legale e probatorio dei documenti, affinché possano essere riconosciuti come validi da terzi, anche dopo anni. Questo principio è sancito in particolare dagli articoli 20, 43 e 44 del Codice dell'Amministrazione Digitale, che disciplinano rispettivamente il valore probatorio, i requisiti di conservazione e gli obblighi in capo ai soggetti tenuti a conservare i documenti.
Oltre al quadro normativo di base, la conservazione digitale si intreccia anche con obblighi fiscali (articolo 7 DL 357/94 e articolo 2220 c.c. sulle scritture contabili) e con la disciplina della protezione dei dati personali (GDPR), che impone cautele specifiche per i documenti contenenti dati sensibili.
Come si effettua
Il processo di conservazione digitale si compone di varie fasi che devono essere rigorosamente rispettate per garantire la conformità e la validità dei documenti:
preparazione e invio: i documenti devono essere organizzati in un Pacchetto di Versamento (PdV), che comprende i file e i relativi metadati secondo quanto indicato nel Manuale di conservazione;
verifica e presa in carico: il sistema di conservazione deve verificare che i formati e i contenuti rispettino gli standard previsti (in particolare, quelli descritti nell’Allegato 2 sulle specifiche dei formati di file). Se il PdV supera i controlli, si può procedere;
rapporto di versamento: per ogni pacchetto validato deve essere generato un rapporto di versamento, che attribuisce un identificativo univoco, una marca temporale (UTC) e un’impronta digitale a garanzia dell’integrità dei documenti;
firma e archiviazione: il rapporto di versamento deve essere poi firmato digitalmente dal Responsabile della Conservazione. Si predispone quindi il Pacchetto di Archiviazione secondo lo standard UNI 11386, che garantisce la conservazione a lungo termine.
gestione nel tempo: durante il periodo di conservazione è possibile effettuare duplicazioni, riversamenti per l’aggiornamento dei formati, e la produzione di pacchetti di distribuzione per l’esibizione dei documenti a terzi, sempre in conformità alle regole tecniche.
scarto e distruzione: al termine dei tempi previsti dalla normativa o dal piano di conservazione, i pacchetti possono essere eliminati con modalità tracciate e certificate.
Quando si tratta di gestire queste attività, è fondamentale valutare attentamente se svolgere internamente il processo di conservazione oppure affidarsi a un conservatore esterno qualificato: la scelta, infatti, incide su aspetti chiave come presidio sui dati, costi, aggiornamento normativo e livello di rischio.
La gestione interna, pur offrendo un presidio diretto sui dati e sui processi, richiede investimenti consistenti in infrastrutture tecnologiche, formazione specialistica e aggiornamento normativo continuo, che spesso risultano poco sostenibili per la maggior parte delle aziende e degli studi professionali.
Al contrario, affidare la conservazione a un conservatore esterno consente di beneficiare di soluzioni già strutturate e aggiornate, di ridurre i rischi di non conformità e di ottimizzare i costi, sebbene comporti una delega operativa e la necessità di regolare attentamente il rapporto tramite specifici manuali e contratti di servizio.
La valutazione della soluzione più adatta va effettuata caso per caso, tenendo conto della dimensione dell'organizzazione, della tipologia e del volume dei documenti, oltre che delle esigenze di controllo e sicurezza dei dati.
Chi sono i soggetti coinvolti
Nel processo di conservazione digitale a norma intervengono diversi soggetti con ruoli specifici e ben delineati, la cui corretta identificazione è essenziale per evitare sovrapposizioni e garantire la regolarità del processo:
titolare dell’oggetto di conservazione: è il soggetto – azienda, professionista, ente – che ha la responsabilità finale sulla corretta conservazione dei propri documenti:
produttore del Pacchetto di Versamento (PdV): prepara i documenti e i metadati e li trasmette al sistema di conservazione, assicurandosi che tutto sia conforme agli standard;
responsabile della Conservazione: verifica la conformità alle regole tecniche, firma i rapporti di versamento e garantisce la regolare conservazione a norma;
utente abilitato: può consultare i documenti e accedere ai servizi di esibizione, secondo diritti e limiti prestabiliti;
conservatore: gestisce l’infrastruttura tecnologica della conservazione digitale, che può essere interna o esterna all’organizzazione.
In questo contesto, il Responsabile della Conservazione è la figura cardine che garantisce la regolarità e la correttezza di tutte le attività svolte lungo il ciclo di conservazione. Sebbene questo soggetto mantenga la responsabilità ultima sull'intero processo, la normativa gli consente di delegare molte attività operative a soggetti esterni qualificati, come i conservatori accreditati, mantenendo però la supervisione e la capacità di controllo sull'intero ciclo documentale.
Detto ruolo, peraltro, nelle organizzazioni private può essere formalmente affidato anche a un soggetto esterno all’organizzazione, purché dotato delle competenze e delle qualifiche richieste dalla normativa. Questa opzione permette anche alle realtà meno strutturate di beneficiare di un presidio professionale sul processo, mantenendo la responsabilità generale e la supervisione da parte dell’azienda.
Quando e perché va effettuata
Rispettare i termini stabiliti dalla normativa per l'invio dei documenti in conservazione digitale è un aspetto fondamentale della compliance.
Ogni tipologia documentale è soggetta a precise scadenze: ad esempio, le scritture contabili e i documenti fiscalmente rilevanti, come ben sappiamo, devono essere versati in conservazione entro tre mesi dal termine di presentazione della dichiarazione dei redditi (articolo 3 DM 17 giugno 2014). Il mancato rispetto di queste tempistiche espone l'organizzazione alle sanzioni amministrative previste dall'articolo 9 del Dlgs 471/1997 e al rischio di disconoscimento della contabilità.
È quindi consigliabile inviare i documenti in conservazione il prima possibile, senza attendere il limite massimo di legge. Questa scelta riduce il rischio di errori, dimenticanze o accumuli di documenti da gestire in prossimità delle scadenze fiscali, rafforza la tracciabilità e la certezza del dato e consente di intervenire tempestivamente in caso di anomalie o rettifiche.
Mantenere questo comportamento è indispensabile per assicurare che i documenti informatici mantengano la loro validità legale nel tempo e siano sempre riconosciuti come prova efficace ai sensi dell’articolo 2702 del Codice Civile.
Una gestione non corretta può determinare la perdita di valore probatorio dei documenti, l’impossibilità di opporli a terzi, nonché espone a sanzioni e a rischi di disconoscimento della regolarità contabile o amministrativa. Solo applicando in modo rigoroso le procedure di conservazione previste dalla normativa (articolo 20 CAD per il valore probatorio, articolo 2220 c.c. per le scritture contabili e il GDPR per la tutela dei dati personali) si garantisce la tutela effettiva dell’azienda o dello studio professionale, prevenendo contestazioni, controlli e responsabilità.
Un esempio di errore da evitare
Un principio fondamentale della conservazione digitale è l’immutabilità dei documenti. Gli errori più insidiosi nascono proprio dalla mancata osservanza di questo requisito. Facciamo un esempio concreto: molti utenti archiviano i documenti in formati modificabili come Word (.docx), pensando che sia sufficiente convertirli in PDF prima dell’invio alla firma o in conservazione. In realtà, il formato PDF standard non garantisce di per sé né l’immutabilità né la leggibilità a lungo termine.
Solo il PDF/A – versione certificata per la conservazione – consente di fissare i contenuti e i metadati secondo le regole tecniche richieste dalla normativa. Anche se un PDF e un PDF/A appaiono identici a video, la differenza risiede nella struttura tecnica interna e nella capacità di garantire che il documento resti invariato e leggibile nel tempo.
Se si invia in conservazione un documento non conforme (ad esempio un PDF semplice o un file Word), si rischia di vanificare l’intero processo: il documento potrebbe non essere ammesso come prova in caso di contenzioso o controllo, con gravi conseguenze operative e sanzionatorie.
È buona prassi, pertanto, prima dell’invio in conservazione verificare sempre che i documenti siano convertiti in PDF/A e che i metadati richiesti siano presenti e corretti.
Conclusioni
La conservazione digitale a norma richiede attenzione e conoscenza: non è un semplice adempimento formale, ma un processo strategico per garantire la sicurezza, la validità e la reperibilità dei documenti nel tempo.
Investire in formazione, sistemi adeguati e procedure aggiornate consente di ridurre rischi, proteggere il valore legale dei documenti e assicurare la piena conformità normativa.
Per i commercialisti, rappresenta anche un’importante occasione di consulenza e supporto ai clienti: in questo scenario, infatti, supportare i clienti nel monitoraggio e nella verifica delle corrette procedure di conservazione digitale è una parte integrante dell'attività di servizio alla compliance.
Attraverso controlli periodici e consulenza mirata, gli studi professionali possono aiutare le imprese a prevenire errori, sanare tempestivamente eventuali criticità e garantire che il processo sia sempre in linea con gli standard normativi.