Comunione ereditaria e costituzione di una holding di famiglia a realizzo controllato: qualche spunto ricostruttivo
di Stefano Dorigo e David Ninci
La recente riforma fiscale ha posto particolare attenzione sulla riorganizzazione dei patrimoni familiari, con l’obiettivo di agevolarne il passaggio generazionale in un Paese, il nostro, nel quale il tasso di mortalità delle imprese di famiglia alla morte del fondatore è drammaticamente elevato. Un esempio pregnante è dato dall’ampliamento dell’esenzione dall’imposta di successione e donazione per il passaggio ai familiari delle quote di società, ora esteso anche agli enti non residenti e reso indifferente dal tipo di attività concretamente svolta.
Vi sono, peraltro, situazioni nelle quali il passaggio generazionale, vuoi per mancata pianificazione vuoi per scelta consapevole del dante causa, si realizza a favore indistintamente degli eredi, i quali si ritrovano ad essere titolari in comunione pro indiviso dei beni ereditari. Il tema non è solo quello del regime fiscale dell’attribuzione di tali beni ai componenti della comunione (con l’eventuale accesso successivamente alla divisione con l’assegnazione a ciascuno di essi), bensì anche quello delle operazioni che, in costanza di comunione, essi possono porre in essere e del relativo trattamento tributario.
In questo contesto, cerchiamo di indagare la possibilità, per i componenti di una comunione ereditaria, familiari di cui all’articolo 5, comma 5, del TUIR, e per i coniugi in comunione legale per l’assonanza degli argomenti, di costituire una holding di famiglia in regime di realizzo controllato (secondo la cosiddetta “neutralità fiscale indotta”), ai sensi dell’articolo 177, comma 2-bis, del TUIR. E ciò attraverso il conferimento delle partecipazioni qualificate possedute, ferma restando ovviamente la ricorrenza delle altre condizioni indicate nel comma 2-ter dello stesso articolo.
Tale fattispecie non è stata, al momento, affrontata dall’Agenzia delle entrate e, a quanto ci consta, sono pendenti sull’argomento alcune istanze di interpello che attendono risposta. Ha quindi senso cercare di offrire un’interpretazione che possa orientare anche (auspicabilmente) le scelte dell’amministrazione finanziaria.
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