Secondo l'interpretazione fornita dalla Seconda Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione, con ordinanza n. 13271 pubblicata il 19/05/2025, l'“adeguata competenza” professionale del commercialista non deve essere valutata esclusivamente ex ante e in astratto.
Il caso esaminato dalla Cassazione riguardava un dottore commercialista che era stato sanzionato disciplinarmente (era stato sospeso dall’esercizio della professione per 13 mesi) per la violazione dell'articolo 8 comma 2 del Codice di disciplina, il quale stabilisce che il professionista non deve accettare incarichi in materie in cui non ha un'adeguata competenza, tenendo conto della complessità della pratica e di ogni altro elemento utile alla valutazione.
Il professionista riteneva che la sua competenza dovesse essere valutata solo al momento dell'accettazione dell'incarico, basandosi sui titoli di studio, sulle abilitazioni professionali e sull'esperienza pregressa (“visione 'statica' e ex ante”). Egli sosteneva che gli organi disciplinari e la Corte d'appello avessero errato nel collegare la mancanza di competenza alla negligenza manifestata successivamente nell'esecuzione dell'incarico, argomentando che competenza ed esecuzione diligente sono aspetti distinti: «… perché un soggetto può essere competente, avendo le necessarie conoscenze e esperienza, ma assolvere negligentemente a un incarico».
La Cassazione ha rigettato fermamente questa argomentazione, definendola una “petizione di principio”. La Corte ha chiarito che la norma impone al professionista una “precisa assunzione di responsabilità” nel momento in cui valuta se accettare un incarico.
L'adeguatezza della competenza, secondo la Cassazione, deve essere intesa in “senso soggettivo”. Ciò significa che non si tratta del mero possesso del titolo abilitante o di un'esperienza generica o astratta. La valutazione riguarda la capacità soggettiva del singolo professionista di affrontare quel particolare incarico, considerando la sua complessità e ogni altro elemento utile alla valutazione, come previsto dalla norma stessa.
Sebbene la Corte non affermi esplicitamente che la valutazione possa avvenire ex post o che coincida con la negligenza, il rigetto della visione ex ante e astratta e il riferimento, nel motivo di ricorso del professionista, al collegamento tra mancanza di competenza e negligenza operato dai giudici di merito, suggeriscono che la manifestazione delle capacità durante l'espletamento dell'incarico possa essere un elemento rilevante per accertare a posteriori se la competenza soggettiva posseduta dal professionista al momento dell'accettazione fosse effettivamente adeguata per affrontare quella specifica pratica.
In sintesi, secondo la Cassazione, la responsabilità disciplinare per l'accettazione di incarichi non adeguati scaturisce dalla mancata (o erronea) autovalutazione soggettiva della propria effettiva capacità di gestire le specifiche sfide di un incarico al momento della sua accettazione. Questa capacità può essere valutata anche alla luce di come l'incarico è stato, o non è stato, gestito.
Quindi, in sostanza, è richiesto un esame di coscienza prima (sono all’altezza dell’incarico che sto per assumere?) e dopo (ho dimostrato di essere all’altezza?).
L’ordinanza in commento è l’occasione anche per un’ulteriore (veloce) considerazione.
Gli albi e gli elenchi che legittimano l’assunzione di incarichi sono sempre più numerosi: ad esempio, il codice di procedura civile, il Codice della Crisi d’Impresa e dell’insolvenza, la normativa sulla Cooperative compliance ne hanno introdotti di nuovi.
La ratio sottesa è quella per cui, essendo l’iscrizione consentita solo a seguito della frequenza di un certo numero di ore di formazione (e di aggiornamento) ed in alcuni casi anche in esito ad una prova abilitante e/o di periodi di tirocinio, detti elenchi ed albi dovrebbero essere garanzia di competenza (ed in alcuni casi di esperienza).
Ma siamo sicuri che avere la patente significhi saper guidare?
Ed ancora: per guidare in pista (fuor di metafora: per assumere incarichi più complessi) è proprio necessaria la patente?