Come determinare la plusvalenza se l’operazione fiscalmente rilevante è preceduta da conversioni “cripto su cripto”
di Maurizio Nadalutti
La determinazione della plusvalenza in caso di rimborso, cessione a titolo oneroso o permuta di criptovalute potrebbe non essere così agevole qualora tali fattispecie imponibili siano precedute da operazioni “cripto su cripto”.
Occorre dunque fare un po’ di chiarezza, partendo dall’analisi della normativa di riferimento.
Va innanzitutto considerato che la disposizione contenuta nell’articolo 67, lettera c-sexies), del Tuir (introdotta dalla Legge di Bilancio 2023) – volta a disciplinare il trattamento fiscale del rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività – stabilisce che non costituisce una fattispecie fiscalmente rilevante la permuta tra cripto-attività aventi eguali caratteristiche e funzioni.
In proposito, l’Agenzia delle Entrate, nella circolare n. 30/E del 27/10/2023 (§ 3.1), ha affermato che lo scambio di una criptovaluta con un’altra avente la medesima funzionalità economica (ad esempio l’acquisto di ether con bitcoin), ossia le operazioni “cripto su cripto”, (dal 2023) non origina materia imponibile, mentre assume rilevanza fiscale la conversione di valuta virtuale in valuta fiat (valuta avente corso legale), oppure l’acquisto di un NFT mediante l’utilizzo di una criptovaluta.
L’articolo 68, comma 9-bis, del Tuir – il quale definisce i criteri per determinare i redditi derivanti dal rimborso o cessione a titolo oneroso, permuta o detenzione di cripto-attività – fissa, quale principio generale, che le plusvalenze fiscalmente rilevanti sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito ovvero il valore normale delle cripto-attività permutate e il loro costo o il valore di acquisto.
Per determinare il reddito da sottoporre ad imposizione che deriva dalle operazioni imponibili realizzate mediante l’utilizzo di cripto-attività, occorre dunque “ricostruire” il costo o valore di acquisto delle medesime.
Ciò potrebbe rivelarsi non così immediato nel caso in cui le criptovalute, utilizzate per realizzare operazioni fiscalmente rilevanti, siano il risultato di conversioni avvenute nel tempo con altre valute virtuali aventi uguali caratteristiche e funzioni. Operazioni, queste ultime, che, come è stato sopra rilevato, risultano irrilevanti ai fini tributari.
In tali ipotesi, non ci si può limitare ad assumere, quale costo o valore di acquisto, quello “sostenuto” al momento della permuta della valuta virtuale con altra valuta virtuale avente medesime caratteristiche e funzioni. Occorre invece risalire al costo o valore di acquisto della criptovaluta originariamente detenuta, ossia il valore assunto prima delle successive conversioni irrilevanti dal punto di vista tributario. Nella maggior parte dei casi, anche se non necessariamente, si tratta del costo di acquisto della valuta virtuale sostenuto utilizzando moneta fiat.
Per effettuare tale ricostruzione occorre prestare particolare attenzione nei casi in cui le criptovalute utilizzate per realizzare operazioni fiscalmente rilevanti discendono da acquisti “stratificati” nel tempo, ossia avvenuti in momenti diversi. Al riguardo, nella già sopra menzionata circolare delle Entrate n. 30/E del 27/10/2023 (§ 3.2.1), è stato specificato che ai fini di determinare il costo o valore di acquisto occorre avvalersi del c.d. criterio valutativo “LIFO”. Secondo tale metodologia di valutazione occorre, in particolare, considerare ceduto per primo il bene, nello specifico caso la valuta virtuale, entrato per ultimo nella disponibilità del contribuente (last-in, first-out, appunto).
In buona sostanza, attraverso il criterio in analisi, si ipotizza, con una sorta di finzione giuridica, che i beni acquistati più di recente siano i primi ad essere venduti.
Ne consegue che, in sede di determinazione della plusvalenza imponibile, occorre sempre avere riguardo al costo o valore di acquisto della cripto-attività entrata per ultima nella disponibilità del contribuente. Tanto, anche nell’ipotesi in cui sussistono “passaggi intermedi” dovuti a conversioni tra cripto-attività aventi medesime caratteristiche o funzioni.
In altri termini, non assume rilevanza il modo con cui il contribuente viene in possesso della criptovaluta successivamente utilizzata per effettuare operazioni imponibili (acquisto diretto, permuta, attività di staking o mining, ecc…), ma il valore di carico della valuta virtuale entrata nella disponibilità del contribuente “temporalmente” per ultima. Una volta che si è concretizzata l’operazione che origina materia imponibile, va dunque effettuata un’analisi a ritroso, prendendo come riferimento – in tutti i passaggi che intervengono nel tempo, ancorché irrilevanti dal punto di vista fiscale (conversioni “cripto su cripto”) – sempre i valori riconducibili alle valute virtuali per ultime acquisite dal contribuente. Ciò, in linea con la logica di fondo del criterio valutativo “LIFO”, che attribuisce rilevanza primaria ai valori riconducibili ai beni per ultimi acquistati.
Il valore di acquisto da attribuire alla cripto-attività – con la quale è stata poi effettuata un’operazione con emersione di materia imponibile – che deriva dalla permuta con altra cripto-attività avente medesime caratteristiche o funzioni, corrisponde al valore di carico in euro di quest’ultima, considerando per prime le acquisizioni avvenute in data più recente.
Nell’ipotesi in cui avvengano, prima dell’operazione imponibile, diverse operazioni “cripto su cripto” in momenti distinti, si ritiene che le valute virtuali detenute debbano essere considerate come un unico insieme di beni fungibili, finendo per “confondersi” tra di loro. In sostanza, occorre risalire all’ultima acquisizione di criptovaluta successivamente scambiata, senza attribuire rilevanza, ai fini dell’applicazione del criterio LIFO, alle (eventuali) diverse e separate permute intermedie tra valute virtuali aventi medesime caratteristiche e funzioni.
Questa soluzione, che si ritiene preferibile, deriva dal fatto che le operazioni “cripto su cripto” sono “neutre” dal punto di vista fiscale.
Si prenda ad esempio in considerazione la seguente situazione:
§ 25/01/2024: acquisto 1 bitcoin a euro 39.935,70;
§ 23/08/2024: acquisto 1 bitcoin a euro 64.053,10;
§ 19/09/2024: uno dei bitcoin detenuti è stato convertito in 26 ethereum;
§ 21/11/2024: metà bitcoin detenuto è stato convertito in 15 ethereum;
§ 08/12/2024: 20 ethereum vengono cambiati in euro, per un valore pari a 80.000 euro.
Per determinare il valore di acquisto di tali 20 ethereum, e di conseguenza la plusvalenza conseguita, occorre innanzitutto considerare che gli stessi sono entrati nella disponibilità del contribuente, secondo il criterio LIFO, per effetto delle permute bitcoin/ ethereum avvenute in data 21/11/2024 (15 ethereum) e in data 19/09/2024 (5 ethereum).
In particolare, 15 ethereum derivano dalla conversione di mezzo bitcoin. Per determinare il valore di tale mezzo bitcoin (e di conseguenza dei 15 ethereum), sempre in conformità con il criterio LIFO, occorre fare riferimento all’ultimo acquisto di bitcoin avvenuto in data 23/08/2024. Ne consegue che il valore di acquisto risulta pari a 32.025,55 (64.053,10 diviso 2).
I restanti 5 ethereum utilizzati per realizzare l’operazione imponibile derivano dalla permuta avvenuta in data 19/09/2024. In tale occasione 1 bitcoin è stato scambiato con 26 ethereum. Ciò significa che 1 ethereum risultava pari a 0,038462 bitcoin e di conseguenza 5 ethereum erano pari a 0,19231 bitcoin.
Per determinare il valore di 0,19231 bitcoin, occorre sempre fare riferimento all’operazione avvenuta in data 23/08/2024, considerando che l’ammontare di 0,19231 bitcoin trova capienza nel mezzo bitcoin che “residua” (l’altra metà è stata “utilizzato” per valorizzare gli altri 15 ethereum). Il valore di acquisto è dunque pari a euro 12.318,52.
Sommando il valore di acquisto dei “primi” 15 ethereum (euro 32.025,55) e quello degli altri 5 ethereum (euro 12.318,52) si giunge a determinare il valore di carico dei 20 ethereum utilizzati per realizzare l’operazione fiscalmente rilevante, ossia euro 44.344,60.
In definitiva, la plusvalenza conseguita, a cui va applicata l’imposta sostitutiva, risulta pertanto pari a euro 35.655,40.