Cattivi pensieri (ma non sempre) – Già operativa la norma della legge delega sui termini decadenziali dei componenti di reddito pluriennali?
di Dario Deotto
Si ha la sensazione (la quasi certezza?) che la previsione della legge delega (articolo 17, comma 1, lettera h), L. 111/2023) sui termini decadenziali relativi ai componenti reddituali ad efficacia pluriennale e alle perdite, per i quali (termini) si dovrebbe avere riguardo al periodo d’imposta in cui si è verificato per la prima volta il fatto generatore o la perdita stessa (e non i “ratei” successivi), ha poche probabilità di essere attuata.
Ricordiamo che la previsione vorrebbe contrastare le conseguenze della pronuncia della Cassazione a S.U. n. 8500/2021. Secondo la Corte, la decadenza della potestà di accertamento dei componenti di reddito pluriennali va vista con riferimento al termine per la rettifica della dichiarazione in cui il singolo “rateo” del componente reddituale è stato indicato e non in relazione al periodo d’imposta in cui si è avuta per la prima volta la manifestazione fiscale. La rilevanza del “rateo” ai fini della decadenza accertativa dovrebbe riguardare, ad esempio, bonus e crediti d’imposta pluriennali, quote di ammortamento, sopravvenienze e plusvalenze rateizzabili, svalutazione dei crediti nonché le perdite d’esercizio riportabili in avanti. In questo modo, sempre a titolo esemplificativo, si legittimerebbe il Fisco a rettificare la quota annuale degli ammortamenti dei beni strumentali anche se quest’ultimi sono stati indicati per la prima volta in dichiarazione in periodi d’imposta per i quali, al momento della rettifica, i termini decadenziali risultano oramai spirati.
Occorre altresì riportare le conseguenze che si avrebbero (si hanno) per la tenuta delle scritture contabili. Poiché in taluni casi – come per il riporto illimitato delle perdite fiscali, delle eccedenze di Rol, degli interessi passivi – i termini decadenziali sarebbero, di fatto, illimitati, il contribuente sarebbe sostanzialmente tenuto a conservare le scritture sine die, con la conseguenza che non si avrebbe un obbligo di conservazione delle scritture contabili “servente” – come dice la stessa Cassazione – rispetto ai termini di accertamento, in base a quanto dispone l’articolo 22 del Dpr 600/1973, ma tale obbligo risulterebbe di fatto indeterminato.
Per questo – davvero – si sono nutrite molte aspettative in relazione alla previsione della legge delega di riforma con la quale è stato stabilito che si vuole “assicurare la certezza del diritto tributario” anche attraverso “la previsione della decorrenza del termine di decadenza per l’accertamento a partire dal periodo d’imposta nel quale si è verificato il fatto generatore per i componenti ad efficacia pluriennale, e la perdita d’esercizio, per evitare un’eccessiva dilatazione di tale termine nonché di quello relativo all’obbligo di conservazione delle scritture contabili, fermi restando i poteri di controllo dell’Amministrazione finanziaria sulla spettanza degli eventuali rimborsi richiesti”.
Ma – come si diceva all’inizio – le speranze (circa l’attuazione della previsione) stanno via via scemando.
Ecco, allora, che risulta importante comprendere se la disposizione possa in qualche modo essere considerata norma già completa, come tale non necessitante di essere attuata attraverso decreto legislativo.
Innanzitutto, va ricordato che la legge delega è un atto normativo vero e proprio, svincolato dai decreti di attuazione. Corte Costituzionale n. 224/1990 ha precisato che “la legge delega è il prodotto di un procedimento di legiferazione ordinaria a sé stante e in sé compiuto e, pertanto, non è legata ai decreti legislativi da un vincolo strutturale che possa indurre a collocarla, rispetto a questi ultimi, entro una medesima e unitaria fattispecie procedimentale”.
Occorre poi rilevare che, all’interno della legge delega, si ravvisano tendenzialmente due tipologie di disposizioni: quelle oggetto del rapporto di delega (i principi e i criteri direttivi) e quelle di immediata applicazione, destinate a disciplinare direttamente i casi della vita. In quest’ultimo caso le norme non hanno bisogno di alcuna attuazione attraverso i decreti legislativi. Occorre però riportare che, sempre Corte Costituzionale n. 224/1990, ha rilevato che i principi e i criteri direttivi presentano una fenomenologia estremamente variegata con la conseguenza che “non si può negare che la legge di delegazione possa contenere un principio di disciplina sostanziale della materia o una regolamentazione parziale della stessa… da cui potrebbe derivare una diretta e immediata incidenza”. Questo può accadere, sempre secondo la pronuncia della Consulta, quando “la stessa legge delega fissa principi a basso livello di astrattezza, finalità specifiche, indirizzi determinati e misure di coordinamento definite”. In queste ipotesi “non si può negare che la legge di delegazione possa contenere un principio di disciplina sostanziale della materia o una regolamentazione parziale della stessa”.
Ed è proprio quello che si rileva in relazione alla previsione della L. 111/2023 sui termini decadenziali di accertamento per i componenti di reddito pluriennali: pur dovendola inquadrare tra i “principi e criteri direttivi”, essa appare già completa, così da non esigere alcun intervento attuativo da parte del Governo, con l’“effetto” che si potrebbe considerarla già operativa.
Ulteriormente occorrerebbe tenere conto se vi è, in qualche modo, un legame tra la previsione in argomento e quella dell’articolo 8, comma 5, dello Statuto (“Tutela dell’integrità patrimoniale”), innovata dal Dlgs 219 del 2023, in base alla quale viene stabilito che “l’obbligo di conservazione di atti e documenti, incluse le scritture contabili, stabilito a soli effetti tributari, non può eccedere il termine di dieci anni dalla loro emanazione o dalla loro formazione o utilizzazione. Il decorso del termine preclude definitivamente la possibilità per l'amministrazione finanziaria di fondare pretese su tale documentazione”. Il Dlgs 219/2023 ha sostanzialmente incluso fra i documenti per i quali è prevista la conservazione decennale anche le scritture contabili, inserendo al contempo il riferimento alla loro “utilizzazione”. Quest’ultimo termine risulta tuttavia oscuro.
Ad ogni modo, pur non risultando la previsione attuativa di quella relativa ai termini decadenziali dei componenti reddituali pluriennali, anche il termine decennale di conservazione delle scritture contabili – inserito tra le disposizioni statutarie – sembra impedire l’intervento rettificativo sostanzialmente sine die del Fisco per i medesimi componenti reddituali pluriennali e per le perdite.