Caporalato, modello 231 e filiera: “il rischio non è un’opinione” - Il caso Tod’s: quando i controlli diventano un’arma a doppio taglio
di Nicola Lorenzini
Tod’s – nome simbolo del lusso italiano – è finito recentemente nel mirino della magistratura per presunte situazioni di caporalato nella filiera produttiva. Eppure, proprio i controlli interni messi in atto dall’azienda hanno fatto emergere le anomalie.
Una beffa? No, un campanello d’allarme: non basta avere un modello di controllo, bisogna che questo sia davvero capace di intercettare e contenere i rischi. Oggi, un modello 231 non è più solo una difesa in sede giudiziaria, ma un presidio strategico per la sostenibilità reputazionale.
Il rischio va riconosciuto sul campo, non sulla carta
Un programma di compliance si regge su tre pilastri:
deve essere progettato con consapevolezza, partendo dalla realtà operativa dell’impresa;
deve essere finanziato e dotato di risorse vere, non solo di buone intenzioni;
deve essere messo in pratica, testato, aggiornato e, soprattutto, fatto vivere dentro l’azienda.
Pensiamo alla logistica, alla produzione, alla gestione dei subappalti: chi lavora sul campo sa bene che certe dinamiche sfuggono alle policy. Qui serve un controllo “di prossimità”, concreto, continuativo.
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