"Chi nasce tondo non può morire quadro." Quante volte abbiamo sentito questo detto siciliano? Carattere, indole, abitudini. La saggezza popolare ci insegna che “il lupo cambia il pelo, ma non il vizio”… in sostanza, che il vero cambiamento non è possibile. Ma sarà davvero così? Siamo destinati a ripetere a vita le stesse movenze, errori e atteggiamenti?
A volte questa idea diventa un alibi perfetto, un’ottima scusa per resistere al cambiamento, un modo comodo per restare fermi nelle vecchie abitudini. Proviamo a mettere in discussione questa credenza e verificare se, davvero, cambiare alla fine è possibile o una chimera.
Ci trasformiamo nel tempo o siamo criceti?
Sono davvero tanti gli anni trascorsi tra consulenze, percorsi di coaching, aule di formazione con commercialisti, avvocati e consulenti del lavoro, manager; le frasi che ho sentito alla fine sono state sempre le stesse: "Sono fatto così", "A questa età non si cambia più", "Le nuove tecnologie non fanno per me". Eppure, molti di questi professionisti oggi lavorano in videoconferenza, usano software che un tempo sembravano fantascienza e hanno digitalizzato processi che ritenevano inamovibili.
La scienza smentisce il mito
La neuroplasticità - un termine un tempo familiare solo agli esperti - ha ormai chiarito un fatto importante: il nostro cervello può cambiare e adattarsi a qualsiasi età. Non siamo condannati a restare "tondi" per tutta la vita. Il neuroscienziato Norman Doidge, con le sue ricerche, ha mostrato che chiunque, a prescindere dall’età, può sviluppare nuove connessioni cerebrali e acquisire competenze nuove.
Ma allora, perché cambiare sembra ancora così complicato nel mondo professionale? In realtà, spesso scambiamo la difficoltà con l'impossibilità. È come confondere un ponte da attraversare, con un muro da abbattere a mani nude: nel primo caso serve impegno e strategia; nel secondo… è davvero impossibile. Il cambiamento di cui parliamo è trasformazione progressiva, ponti da attraversare e non muri da abbattere senza strumenti.
Ostacoli veri e ostacoli immaginari
Quali sono, allora, le vere resistenze e difficoltà che si incontrano nei processi di cambiamento? Pigrizia, poca motivazione, paura, inconsapevolezza, mancanza di strumenti adeguati. Vediamoli meglio:
- pigrizia: l’essere umano tende al risparmio di energie per questioni antropologiche; la fatica non fa “naturalmente” per noi.
- Poca motivazione: a parole tutti vogliono ottenere risultati, ma poi in pratica pochi sono davvero motivati a farlo e ad affrontare sacrifici.
- Paura: entriamo in dinamiche psicologiche, dove il nuovo fa paura, perché sconosciuto. Meglio un male certo, che un bene incerto.
- Inconsapevolezza: per poter operare qualunque cambiamento è necessario essere consapevoli di come si agisce ora.
- Mancanza di strumenti adeguati: per poter operare cambiamenti, bisogna avere le conoscenze e gli strumenti giusti, altrimenti si perde solo tempo.
Secondo uno studio del MIT, il 73% dei cambiamenti professionali fallisce non per problemi tecnici, ma per resistenze emotive e organizzative.
Il metodo
Una volta chiarite le vere difficoltà che si incontrano nei processi di cambiamento, è utile sapere come procedere per essere efficaci. Vediamo alcune regole e best practice:
- sostenibilità: il cambiamento deve essere sostenibile sia da chi lo attua, sia da coloro che lo “subiscono” (es. collaboratori); sostenibile vuol dire che non deve creare “traumi”. Quindi, niente strappi, salti e “tutto e subito”. Ci vuole gradualità e la misura è determinata dalla soggettività di ciascuno.
- Costanza: spesso i processi di cambiamento falliscono, perché si parte in quarta e poi… ci si perde. Meglio partire piano e avere continuità e disciplina.
- Obiettivi: “non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare” (Seneca). Prima di partire con qualunque percorso… bisogna sapere dove vogliamo arrivare.
- Strategia: mai partire alla “garibaldina”, meglio definire prima una strategia operativa con un piano d’azione.
- Flessibilità: le cose raramente vanno come ci aspettiamo; gli ostacoli sono la norma, per cui niente paura e tanta flessibilità. Ciò che conta è avere lo sguardo fisso sull’obiettivo e l’apertura mentale per imparare dagli errori e aggiustare il tiro cammin facendo.
- Motivazione: come un’automobile ha bisogno di benzina per viaggiare, così l’essere umano ha bisogno di benzina motivazionale. Meglio, dunque, definire obiettivi intermedi vicini temporalmente e realistici, in modo che ogni successo alimenterà l’autostima e la motivazione.
Applicate la filosofia del Kaizen - miglioramenti continui e graduali che alla lunga producono una trasformazione. Non serve cambiare tutto subito: basta introdurre piccoli aggiustamenti costanti nel tempo.
La forza delle nuove abitudini
Charles Duhigg, nel suo libro "Il potere delle abitudini", ci ricorda che il 40% delle nostre azioni quotidiane è guidato da abitudini automatiche, non da scelte consapevoli. Cambiare alcune routine, quindi, può avere un impatto enorme sul rendimento professionale. Ma come capire se il cambiamento sta prendendo davvero piede? Ci sono segnali inequivocabili:
- le nuove abitudini diventano automatiche
- si fa fatica a immaginare di tornare ai vecchi metodi
- clienti e collaboratori notano i miglioramenti
- si desidera introdurre altri piccoli cambiamenti
Maya Angelou diceva: "Se non ti piace qualcosa, cambiala. Se non puoi cambiarla, cambia il tuo atteggiamento." Il mondo professionale è oggi in rapido cambiamento: clienti più esigenti, tecnologie che accelerano i processi, una concorrenza crescente. Chi non si adatta, rischia davvero di essere estromesso. Invece, chi affronta il cambiamento con metodo e costanza, scopre possibilità che prima non vedeva.
Quindi, cambiare è davvero possibile o è un mito? La risposta ora è chiara: cambiare non solo si può, ma diventa fondamentale per chi vuole restare umano e avere soddisfazioni. Il vero errore è pensare che sia facile o immediato. Il proverbio siciliano con cui abbiamo aperto questo articolo ha ragione su un punto: chi nasce tondo non morirà quadro. Ma può sicuramente diventare un cerchio più grande, più flessibile e pronto ad affrontare il futuro. Cambiare non vuol dire stravolgere e tantomeno rinnegare. Vuol dire crescere ed evolversi. La domanda giusta non è se sia possibile il cambiamento, ma quale cambiamento valga la pena e come realizzarlo in concreto per il proprio benessere e una società migliore.