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Economia

Calciatori italiani in Arabia Saudita e residenza fiscale: i nodi ancora irrisolti

di Emilio de Santis

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ott 16, 2025
∙ A pagamento
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La crescente migrazione di calciatori italiani verso il campionato saudita solleva interrogativi di natura fiscale tutt’altro che marginali. Il primo fra tutti riguarda l’effettiva residenza fiscale degli sportivi: il trasferimento, infatti, non implica automaticamente il venir meno della residenza in Italia.

L’individuazione della residenza fiscale richiede la valutazione di molteplici elementi, tra cui le relazioni personali e familiari, i centri di interesse economico, la durata della permanenza all’estero.

Lo insegna una nota sentenza della Corte di Cassazione penale (n. 29095/2020), che ha confermato il sequestro di rilevanti disponibilità a un calciatore il quale, pur avendo trasferito all’estero anche il proprio nucleo familiare, non era riuscito a dimostrare la cessazione di ogni legame significativo con l’Italia.

La riforma dell’articolo 2 TUIR, in vigore dal 2024, sembra ora spostare l’asse interpretativo, attribuendo prevalenza alle relazioni personali e familiari. Ma anche in tale scenario, non si esauriscono le incertezze. Tra i principali nodi da sciogliere vi è la qualificazione del datore di lavoro saudita: se si trattasse di un ente pubblico, potrebbe trovare applicazione l’articolo 19 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Arabia Saudita (legge 159/2009), che attribuisce al solo Stato erogante la potestà impositiva sulle “funzioni pubbliche”.

Tuttavia, anche determinare la natura giuridica dell’ente datore di lavoro non è operazione agevole. La Saudi Arabian Football Federation (SAFF), ad esempio, si presenta come organizzazione privata e indipendente, ma è al contempo responsabile della regolamentazione del calcio nazionale, in un sistema istituzionale retto da una monarchia assoluta. In tale contesto, la distinzione tra funzione pubblica e attività privatistica rischia di divenire sfumata. In dottrina non manca chi, valorizzando la sostanza economico-istituzionale dell’attività svolta, ritiene plausibile ricondurre i compensi erogati dalla SAFF nell’ambito dell’articolo 19 della Convenzione, trattandosi di prestazioni in favore dello Stato.

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