Bitcoin: dalla rivoluzione alla speculazione, il tradimento del sogno di una sovranità monetaria decentralizzata
di Alberto Ferrari
"The Times 03/Jan/2009 Chancellor on brink of second bailout for banks."
Con queste parole, incise nel primo blocco della blockchain di Bitcoin, ‘Satoshi Nakamoto’ (o chi si nasconde con questo pseudonimo) voleva essere di ispirazione per una rivoluzione finanziaria. La frase è un riferimento alla situazione del Regno Unito di inizio 2009, dove il governo stava preparando un secondo piano di salvataggio per le banche, tra cui colossi come Royal Bank of Scotland (RBS) e Lloyds Banking Group, che erano sull'orlo del collasso a causa della crisi dei mutui subprime e del crollo dei mercati finanziari. E’ sopratutto un riferimento critico alla politica di salvataggio bancario e l'intento di Bitcoin di opporsi al sistema finanziario tradizionale, offrendo un'alternativa decentralizzata e indipendente dai governi e dalle banche centrali, spesso accusati di perpetuare un sistema finanziario ingiusto e inefficiente. L'intento era creare una valuta decentralizzata, immune dal controllo di governi e istituzioni finanziarie, in grado di restituire il potere economico alle persone.
Tuttavia, a distanza di sedici anni, l'ideale originario di Bitcoin sembra sempre più un ricordo sbiadito, travolto dalle logiche speculative e dalla centralizzazione del potere all'interno dell'ecosistema. Bitcoin nacque con l'intenzione di garantire la partecipazione democratica attraverso il mining: chiunque, ovunque nel mondo, con un computer, poteva contribuire alla sicurezza e al funzionamento della rete. Ma oggi la realtà è ben diversa. L'attività di mining è dominata da un ristretto numero di grandi aziende e pool minerari, concentrati in regioni specifiche del mondo come la Cina, il Kazakistan e gli Stati Uniti.
Questo oligopolio ha trasformato un sistema che doveva essere decentralizzato in una struttura altamente accentrata. La competizione per il controllo del mining si è intensificata con l'evoluzione delle tecnologie: i costi esorbitanti degli ASIC (Application-Specific Integrated Circuit) e l'energia (con enormi emissioni di CO2) necessaria per il mining su vasta scala hanno escluso la maggior parte degli individui e delle piccole realtà. La decentralizzazione, uno dei pilastri filosofici di bitcoin, è ormai una chimera.
Ben lontano dalla sua idea originale, oggi, bitcoin non è una valuta. Gli alti costi delle transazioni e la lentezza della rete hanno reso impraticabile il suo uso quotidiano. Bitcoin è diventato un asset finanziario, trattato alla stregua dell'oro digitale, acquistato e venduto in massa dai trader e custodito dai grandi investitori istituzionali. Grandi exchange e da oggi anche le società di gestione dei Fondi, dominano il mercato, sfruttando la volatilità della criptovaluta per accumulare ricchezze. Questa trasformazione ha privato bitcoin della sua funzione originaria, riducendolo a un semplice strumento di speculazione. La maggior parte delle transazioni è gestita da piattaforme centralizzate. Gli exchange come Binance, Coinbase e altri controllano miliardi di dollari in bitcoin, diventando veri e propri custodi di un sistema che doveva essere senza intermediari.
I fallimenti di piattaforme come FTX, o l’italiana ‘The Rock Trading’, hanno dimostrato quanto poco sia cambiato rispetto alle banche tradizionali: centralizzazione, opacità e speculazione (con posizioni non coperte ‘in-chain’) regnano ancora. L’illusione di un sistema libero e decentralizzato si scontra con la dura realtà di un sistema dominato da pochi attori mossi da logiche di profitto.
Sebbene il bitcoin di oggi sembri lontano dall'utopia immaginata da Satoshi Nakamoto, è importante riconoscere che la sua eredità va ben oltre la speculazione finanziaria. Bitcoin ha introdotto due concetti rivoluzionari che continuano a ispirare innovazione: disintermediazione e aterritorialità. A ciò si aggiunge l’indiscusso stimolo tecnologico della blockchain, una tecnologia che ha aperto nuovi orizzonti a tanti settori. Tuttavia, per dare concretezza a questo potenziale, abbiamo bisogno di progetti di business utilizzabili, in grado di trasformare l’innovazione tecnologica in applicazioni reali che migliorino la vita delle persone. Dai numerosi fallimenti di progetti che sfruttano l’hype speculativo, tanti basati su NFT o DeFi, emergono anche esempi di successo orientati a un utilizzo più concreto e strutturato della blockchain. Tra questi spiccano le stablecoin, che combinano i principi della blockchain con la stabilità delle valute tradizionali. Un esempio significativo è la JPM Coin di JPMorgan, che, pur lontana dall’idea originaria di una blockchain aperta e decentralizzata come Bitcoin, dimostra come le blockchain permissioned possano offrire soluzioni sicure ed efficienti per il sistema finanziario tradizionale.
Il vero potenziale di Bitcoin non risiede solo nel suo valore di mercato, ma nella sua capacità di ispirare innovazione, spesso riadattata e inglobata negli stessi modelli tradizionali a cui Bitcoin si contrapponeva.