Avviso di presa in carico e estratto di ruolo, il parallelismo non tiene
di Luigi Lovecchio
Come già riportato su Blast, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4903/2025, ha meglio precisato il suo pensiero in ordine al tema della impugnabilità dell’avviso di presa in carico dell’accertamento esecutivo, per un verso, ribadendone la natura di mera comunicazione, in quanto tale, non ricorribile davanti ai giudici tributari, nel contempo limitando significativamente la possibilità di impugnare, suo tramite, l’atto di accertamento esecutivo non correttamente notificato.
Senza voler ripercorrere l’excursus logico – giuridico seguito dalla Corte – è sufficiente qui ricordare i punti fondamentali dell’ordinanza citata, a mente della quale:
i) l’avviso di presa in carico, in sé, non è mai un atto impugnabile;
ii) ove il contribuente intenda far valere, per il tramite dell’avviso, la mancata notifica dell’accertamento presupposto, una eventuale impugnazione di quest’ultimo verrebbe ritenuta inammissibile, per difetto di interesse ad agire, in quanto l’atto non notificato è inefficace e dunque inidoneo, ex se, a generare un pregiudizio per il contribuente;
iii) a tale regola, è possibile derogare nell’ipotesi in cui il contribuente intenda far valere la tardività dell’accertamento, in quanto conosciuto dopo la consumazione dei termini decadenziali, o nella diversa eventualità in cui la parte, una volta esaminato l’atto impositivo, intenda contestare la pretesa nel merito.
L’ordinanza propone alla fine anche un parallelo con quanto stabilito in materia di estratto di ruolo, ex articolo 12, DPR 602/1973, evidenziando la coerenza delle conclusioni raggiunte in entrambe le fattispecie. Ma è proprio l’esame parallelo della disciplina di riferimento dell’estratto di ruolo e dell’avviso di presa in carico che invece denota delle discrasie che richiedono una composizione ragionevole.
Si faccia il caso della mera contestazione della nullità della notifica. Alla luce del quadro interpretativo delineato dalla Corte, dovrebbe concludersi nel senso della inammissibilità, sempre e comunque, del ricorso avverso l’atto impoesattivo conosciuto attraverso l’avviso di presa in carico, mentre il ricorso avverso la cartella conosciuta con l’estratto di ruolo dovrebbe invece essere ammissibile, in presenza di una delle sei casistiche delineate del su citato articolo 12, DPR 602/1973. La sussistenza di uno dei suddetti potenziali pregiudizi, infatti, consentirebbe di ravvisare, ex se, l’interesse ad agire. Ma questa discriminazione appare del tutto ingiustificata, atteso che la medesima esigenza si può porre anche nell’ipotesi in cui l’atto asseritamente non notificato sia l’avviso di accertamento esecutivo. Si pensi all’ipotesi della partecipazione a procedure a evidenza pubblica – contemplata nel su citato articolo 12, comma 4 bis, lett. a) - che ben potrebbe essere messa a rischio dall’esistenza di un accertamento non notificato, e non solo della cartella di pagamento.
E tuttavia potrebbe anche realizzarsi la discriminazione a rovescio. Sempre secondo la Corte, la tardività dell’atto impo-esattivo è sempre contestabile dal ricorrente, in sede di ricezione dell’avviso di presa in carico. Al contrario, a stretto rigore, se si vuole far valere il medesimo vizio nei riguardi della cartella non notificata occorrerebbe comunque dimostrare la sussistenza dell’interesse ad agire qualificato dalla presenza di una delle fattispecie tassativamente previste dalla legge.
Anche questa differenziazione non appare affatto ragionevole.
A ciò si aggiunga che il medesimo squilibrio può verificarsi in una moltitudine di casi concreti differenti, traendo origine non necessariamente dal documento (avviso di presa in carico versus estratto di ruolo: si pensi ad esempio alla certificazione dei debiti tributari rilasciata ai sensi del codice della crisi d’impresa) attraverso cui si giunge a conoscenza dell’atto, in ipotesi, non notificato ma dalla tipologia dell’atto stesso (accertamento esecutivo versus cartella di pagamento).
L’unica soluzione possibile è ovviamente quella di giungere ad una soluzione unitaria per entrambe le casistiche, o attraverso una interpretazione costituzionalmente orientata, che estenda all’accertamento esecutivo le regole già valevoli per la cartella, o, più verosimilmente, sollevando questione di legittimità costituzionale dell’articolo 12, DPR 602/1973, nella parte in cui stabilisce un trattamento discriminatorio rispetto all’accertamento esecutivo.