Assegnazione agevolata dei beni ai soci: da misura temporanea a strumento (quasi) strutturale
di Simona Baseggio e Barbara Marini
Negli ultimi anni, le varie leggi di Bilancio (in passato, si trattava delle leggi “Finanziarie” e poi “Leggi di stabilità”) hanno riproposto con una certa regolarità, seppure non sistematicamente su base annuale, la possibilità di assegnazione agevolata dei beni ai soci (oltre alla cessione e alla trasformazione in società semplice). Quella che, in origine, nacque come misura eccezionale e a tempo determinato, destinata a facilitare la fuoriuscita di beni dall’ambito d’impresa, si è dunque progressivamente trasformata in un meccanismo ricorrente, al punto da meritare una riflessione sull’opportunità, o forse sulla necessità, di renderla strutturale.
Anche la bozza bollinata della Manovra 2026, all’articolo 14, proroga, quasi alla lettera, quanto già disposto per il 2025. Le società di persone e di capitali possono assegnare o cedere ai soci beni immobili non strumentali o beni mobili registrati non utilizzati nell’attività, ovvero trasformarsi in società semplici, beneficiando di una fiscalità di favore. In parallelo, viene riaperta anche la finestra per l’estromissione agevolata degli immobili da parte degli imprenditori individuali.
Il beneficio consiste nell’applicazione di un’imposta sostitutiva ridotta, pari all’8 per cento (ovvero al 10,5 per cento per le società di comodo), calcolata sulla differenza tra il valore normale del bene e il suo valore fiscalmente riconosciuto. Le riserve in sospensione d’imposta eventualmente annullate sono invece assoggettate a un’ulteriore imposta sostitutiva del 13 per cento. Anche le imposte indirette (registro, ipotecaria, catastale) sono significativamente ridotte.
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