Il processo di integrazione dei sistemi fiscali dei Paesi membri dell’Unione Europea, con l’obiettivo ultimo di far convergere le normative verso principi comuni, è stato definito, come è noto, “armonizzazione”.
La parola riguarda, ovviamente, anche il diritto in genere, in cui questo progressivo ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri è finalizzato all’eliminazione di qualsivoglia ostacolo tecnico, amministrativo o normativo, alle relazioni dell’Unione. In questo senso, le norme “armonizzate”, risultano valide per tutti i Paesi UE.
Il termine è stato impiegato anche a livello dei sistemi contabili, con riferimento “all’armonizzazione” degli schemi di bilancio.
Riallacciandoci al contesto UE, il termine non darebbe comunque l’impressione di essere sufficientemente esteso anche al benessere sociale di ogni singolo Stato membro, per mezzo, appunto, “dell’armonizzazione” di quelli che sono i servizi di aiuto e supporto, al singolo ed alle famiglie, in caso di necessità. Mentre l’uniformazione dell’età pensionabile, protraendola nel tempo, è già stata accettata anche dai Paesi con inferiore assistenza pubblico-sociale, il sogno di un “welfare” comune, in effetti, sembrerebbe difficilmente raggiungibile. La chimera, dunque, di asili gratuiti per ragazze madri ancora studentesse (magari situati all’ingresso delle facoltà universitarie, come avviene abitualmente in paesi più “fortunati”), o la generale possibilità per i ragazzi già maggiorenni di trasferirsi in alloggi messi a disposizione dallo Stato e a prezzi estremamente contenuti - dando loro la possibilità di iniziare un percorso di vita autonomo - risulterebbe solo a vantaggio di alcuni membri dell’Unione. Anche a livello sanitario, ambire ad esami di routine (compresi prelievi del sangue o terapie endovenose), effettuati direttamente dal proprio medico di base - come avviene ad esempio anche nella vicina Austria - sembrerebbe una fantasia di difficile realizzazione.
In sostanza, la complicata gestione di tutti gli aspetti di questa “armonizzazione” a livello UE, richiederebbe, forse, una più accurata analisi critica.
Etimologicamente, la voce “armonizzazione” ha origine da “armonizzare”, derivato da “armonia”, parola dotta, dal latino harmònia e dal greco harmonía, che sta a significare l’essere in “armonia”, in accordo, in riferimento a cose o persone.
In ambito filosofico, “l’armonia” rappresenta la parola chiave del pensiero pitagorico intesa come gesto, politica del corpo, economia della vita, modo di comportarsi in una “società di giusti”. Dacché Pitagora ebbe la grande intuizione di capire la relazione “armonica” tra la musica e la matematica; per i Pitagorici, l’idea di un principio relazionato al numero, vedrebbe anche l’universo fisico come un cosmo, un tutto ordinato, “armonico”.
Passando al settore della medicina estetica, ai giorni nostri sta prendendo piede il concetto di “armonizzazione” facciale, da effettuarsi con un insieme di trattamenti per un generale miglioramento della simmetria e dell’equilibrio del volto. Mirare ad uniformare l’idea della bellezza, mediante l’elaborato surrogato di un’immagine modello, diverrebbe l’obiettivo desiderato.
Ma prendendo spunto “dall’armonia delle sfere”, con ulteriore riferimento a Pitagora, il termine “armonia”, altro non può che ricondurre mentalmente al (vero) “bello”, in una sorta di equilibrio concettuale di intrecci ideali e concatenamenti che, in maniera diretta, la ricollegherebbero a quella meravigliosa disciplina che è la musica. Ed è proprio nel mondo musicale che “l’armonizzare” prende vita e si concretizza, attraverso la composizione di brani in cui, il suono degli strumenti, ha la capacità di trasmettere tutta l’emozione che, questo perfetto linguaggio universale, riesce a donare.
D’altro canto, le arti possiedono l’indiscusso potere di manifestare alla nostra parte più profonda - e forse proprio attraverso una continua ricerca di “armonizzazione” - ciò che, alla fine, rende tutto più speciale.