Anche per le plusvalenze PEX possibile stretta in arrivo: esenzione solo per partecipazioni almeno pari al 5 per cento
di Simona Baseggio e Barbara Marini
Con un emendamento (che ha buone probabilità di essere approvato) alla manovra di bilancio 2026 si propone di estendere anche al regime delle plusvalenze l’approccio selettivo già adottato per i dividendi.
La disposizione, destinata a riscrivere l’articolo 87 del TUIR, prevede che l’esenzione del 95 per cento sulle plusvalenze realizzate da società di capitali (PEX) trovi applicazione solo se la partecipazione ceduta è pari ad almeno il 5 per cento del capitale sociale, oppure, in alternativa, se ha un valore fiscale non inferiore a 2,5 milioni di euro. È questa la nuova soglia oltre la quale resta applicabile il regime agevolato. Al di sotto di essa, la plusvalenza verrebbe a concorrere integralmente alla formazione del reddito imponibile.
La nuova disciplina si applicherebbe tanto alle partecipazioni detenute direttamente quanto a quelle possedute indirettamente tramite società controllate, secondo la nozione di controllo contenuta nell’articolo 2359, primo comma, n. 1, c.c., tenendo conto dell’eventuale “demoltiplicazione” nelle catene societarie.
Con questo intervento si verrebbe a completare la torsione del sistema verso una logica selettiva, con l’obiettivo di privilegiare le partecipazioni di natura strategica e di penalizzare quelle meramente finanziarie. Già su Blast, nel commentare la modifica sui dividendi, si era osservato che una simile restrizione avrebbe generato un’asimmetria di trattamento se non fosse stata replicata, specularmente, anche per le plusvalenze. Così, sembra, avverrà.
Rimane tuttavia intatto il nucleo di perplessità che aveva accompagnato la riforma del regime Pex del 2003: si torna a una doppia imposizione economica generalizzata per tutte le partecipazioni non qualificate, che pure rappresentano la forma più diffusa di investimento societario, specie in ambito estero. Le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni “minori” torneranno quindi a essere tassate integralmente, nonostante il valore economico sottostante sia già stato colpito a monte dall’imposta sul reddito d’impresa.
Si tratta di un cambio di paradigma che modifica strutturalmente l’equilibrio tra tassazione del reddito prodotto e reddito distribuito. Un disegno quindi non neutro, che impatterà sulla convenienza fiscale degli investimenti, e che rischia, in ultima analisi, di disincentivare l’assunzione di partecipazioni di portafoglio in soggetti societari, specie in contesti internazionali.

